Scampia, un'intera famiglia di pusher in otto abitazioni del Comune

Scampia, un'intera famiglia di pusher in otto abitazioni del Comune
di Daniela De Crescenzo
Giovedì 8 Febbraio 2018, 09:10 - Ultimo agg. 19:14
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Secondo gli inquirenti per anni sono stati i gestori dello spaccio nella Vela Celeste per conto del clan Leonardi. Cinque tra fratelli, sorelle e cugini abitano in appartamenti dei nuovi comparti di edilizia popolare di Scampia e adesso chiedono altri tre alloggi. Se verrà applicata la delibera approvata dalla giunta comunale il 22 gennaio, ne otterranno altri due. Forse, se la norma verrà interpretata alla lettera, li otterranno tutti e tre. E fanno otto: tutte case pagate dagli enti pubblici.

È solo il caso più evidente tra i tanti che raccontano come spacciatori e trafficanti abbiano tenuto per decenni in scacco un quartiere. E come, nonostante le ondate di arresti e la ribellione della società civile, provino ancora a controllare il territorio.
 


La storia comincia trenta anni fa quando i due fratelli C. M. e A. M. occupano due abitazioni a Scampia. Tutti e due sposati, hanno famiglie normali e A. M. lavora anche per un'azienda pubblica. Ma nella Vela Celeste, dove si sono sistemati, governa Antonio Leonardi, uno degli azionisti della «droga Spa» che fa capo a Paolo Di Lauro e Raffaele Amato. L'eroina prima e la cocaina poi scorrono a fiumi: c'è chi la lavora, chi prepara i «cilindretti», chi la vende. Lì dentro «faticano» tutti. E anche G. M., la moglie di C. M., ha il suo da fare: entra nella filiera della droga portando in dote un carico di figli che appena maggiorenni cominciano a entrare e uscire dalla galera. Anche i cugini non rinunciano al precario benessere procurato dalla coca e ottengono un posto dal clan. Davanti alla Vela (ma la stessa cosa succede in tutte le piazze di Scampia) le code dei tossici diventano sempre più lunghe, e la famiglia M. conosce un certo benessere.
 
Lo spaccio rende, ma non produce imponibile e quindi C. M. e A. M. continuano a risultare poco più che nullatenenti. Con quel che guadagnano magari potrebbero vivere al Vomero o a via Chiaia o a Posillipo. Ma loro non ci pensano proprio: una casa gratis e proprio adiacente al posto di lavoro, dove la trovano? E poi ci sono i turni: le piazze chiudono a notte inoltrata e lo spaccio non si ferma mai. E il controllo del territorio: ci sono i nascondigli da sorvegliare, le armi da sistemare, i nemici da controllare. E quindi meglio restare nelle Vele.

Ma le famiglie crescono. E allora i genitori provvedono a procurare un tetto a tutti: si assalta una casa, poi se ne occupa un'altra. Se il vecchietto muore si butta il materasso e si sistema il letto matrimoniale. Se il clan si divide si cacciano i traditori e tutte le loro famiglie e si sistema un genero o un cugino. Ogni tanto qualcuno ci lascia la pelle, come quel Gennaro Ricci ammazzato nella Vela Celeste nella bollente estate del 2012, ma la famiglia resta al sicuro, protetta dalla solidarietà del clan nel suo nido abusivo.

Intanto, i primi occupanti vengono sanati (per la verità presentano domanda e restano in attesa di essere sanati) e acquisiscono il diritto alle case: C. M. e A. M. vengono trasferiti nel nuovo comparto di edilizia popolare di via Gobetti. E una casa tocca anche a tre dei loro figli. Ma tre cugini, due figli di C. M. e una di A. M., restano nella Vela Celeste: stando alla delibera del 2013 del Comune non possono in nessun modo essere sanati. Ma le Vele, con il programma Restart Scampia, devono essere finalmente abbattute e l'amministrazione, in accordo con il comitato Vele, stabilisce che nessuno deve restare senza un tetto.

E quindi parte un primo bando: tutti gli abusivi possono chiedere di entrare in graduatoria per ottenere le quaranta abitazioni di edilizia popolare ancora libere in via Gobetti e in piazza della Socialità. Arrivano più di duecento domande. Intanto la Regione stabilisce che il bando va rifatto perché si possono concedere solo assegnazioni provvisorie alla luce della legge regionale del 93. Nuovo bando e altre duecentodieci richieste. Ma solo due famiglie hanno i requisiti richiesti. La maggioranza non ha mai pagato l'indennità di occupazione, in 15 casi si tratta di non residenti nelle Vele, in 6 casi ci sono carichi pendenti e in 10 condanne passate in giudicato.

Il 22 gennaio con una nuova delibera la giunta stabilisce di dare comunque la casa a tutti, ma esclude chi ha reati associativi passati in giudicato. Uno dei cugini è stato arrestato, ma non c'è la sentenza di Cassazione: avrà anche lui un tetto? Stando alla lettera della delibera sì, ma agli uffici comunali sembra sia stata data indicazione di escludere comunque tutti quelli per i quali ci sono state sentenze di primo e secondo grado. Intanto R. M., figlio di C., viene colpito da una nuova ordinanza di custodia cautelare: nel corso dell'ultima faida avrebbe buttato una bomba nelle Case Celesti, territorio del clan nemico, senza però farla esplodere.

In ogni caso la stessa delibera avverte: «In relazione ai prossimi interventi programmati, che verosimilmente porteranno ad una migrazione spontanea dei residenti nelle Vele da demolire agli altri immobili del complesso, tenuto conto che è interesse dell'amministrazione comunale favorire tale processo per attuare il programma di recupero, si rende necessario stabilire che, alla data di approvazione della presente delibera, gli spostamenti nell'ambito delle Vele non comporteranno modifiche del requisito di anzianità maturato dai nuclei familiari censiti nel 2015». Quindi via libera alle occupazioni della Vela Celeste, quella che resterà in piedi. E a questo punto difficilmente le case a disposizione della famiglia M. saranno meno di otto.

A proposito: secondo gli inquirenti lo spaccio continua. Si vende, però, con il sistema del porta a porta. E qualcuno tra via Gobetti e via Labriola, dove ci sono i nuovi fabbricati dell'edilizia popolare, è già stato arrestato.
 

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