Fanpage, incendio e sospetti:
«Messaggio per bloccare il sito»

Fanpage, incendio e sospetti: «Messaggio per bloccare il sito»
di Leandro Del Gaudio
Sabato 24 Febbraio 2018, 09:43 - Ultimo agg. 11:17
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Le fiamme hanno divorato la porta blindata, una parte del corridoio di ingresso, le pareti di fronte. Hanno annerito e reso inservibile la parte iniziale di un'abitazione, una sorta di disimpegno d'accesso, lì al quarto piano di via Sedile di Porto, dove vive una famiglia di persone oneste - genitori e due figli piccoli - lavoratori estranei a fatti di cronaca nera.

Un incendio doloso, che non ha provocato danni alle persone (in casa non c'era nessuno), ma che ha fatto scattare l'allarme, mettendo in campo - almeno nella fase iniziale - sia i carabinieri del comando provinciale sia gli agenti di polizia della Digos. Che succede in via Sedile di Porto? Ad attirare l'attenzione, una circostanza che non è passata inosservata: ad abitare nella casa danneggiata da fiamme e fumo, la cognata del giornalista Francesco Piccinini, il direttore del sito Fanpage, regista e autore dell'inchiesta «soldi insanguinati», vale a dire la vicenda che sta mettendo in rilievo possibili zone di opacità nel sistema di smistamento dei rifiuti in Campania. Una circostanza che finisce in un fascicolo della Procura di Napoli, nel corso di un'indagine che punta in questa fase a raccogliere tutti gli elementi possibili e a non escludere alcuna pista.

Ma proviamo a fare chiarezza su quanto avvenuto giovedì scorso, in una delle zone più popolose del centro storico cittadino. Siamo in via Sedile di Porto, al quarto piano di uno stabile abitato da persone perbene, tra impiegati, studenti, titolari di bed and breakfast. Nella zona ci sono anche alcune abitazioni occupate di recente, grazie all'incursione di gruppi legati ai centri sociali, al termine di un braccio di ferro con i legittimi proprietari, elemento quest'ultimo immediatamente registrato sul taccuino degli investigatori.

Fatto sta che negli ultimi mesi, non c'è stato alcun litigio o episodio di violenza che possa aver giustificato un incendio doloso di simile portata. E anche a scavare nella vita privata della famiglia che risiede nella casa colpita dalle fiamme, non sono emersi elementi degni di nota, almeno fino a questo punto. Quanto basta a tenere in vita - lo ripetiamo, assieme ad altre ipotesi, nessuna esclusa la pista di un messaggio trasversale al direttore del sito Fanpage. Chi ha provocato l'incendio - sembra di capire - potrebbe aver seguito una strategia di basso profilo: avvertire il giornalista con un attentato non plateale, non immediatamente riconducibile all'inchiesta su rifiuti e tangenti. Una sorta di preallarme, finalizzato a lanciare avvertimenti, magari in vista della pubblicazione di nuovi video, tutti ricavati grazie al ruolo di agente provocatore recitato dall'ex boss Nunzio Perrella. Chi ha incontrato l'ex boss pentito in questi mesi potrebbe aver provato a mandare un messaggio minaccioso al direttore del sito, del tipo: conosco la tua vita, stop con la pubblicazione on line di filmati inediti.

Quella di Fanpage è d'altronde un'inchiesta che si avvale di 900 ore di «girato», riprese ricavate nel corso di sei mesi di indagini sotto traccia da parte dell'ex boss pentito del rione Traiano. Materiale da dieci giorni finito sul tavolo dei pm Sergio Amato e Ilaria Sasso del Verme (sotto il coordinamento dell'aggiunto Giuseppe Borrelli), che stanno conducendo le indagini sulla Sma (e sul filone legato alle gare per la rimozione delle ecoballe), che puntano a identificare volti e ruoli di possibili complici o comprimari in una storia di malaffare. Stessa attenzione per quanto riguarda il filone investigativo che riguarda alcuni imprenditori del Vomero, a loro volta interessati ad arpionare gli appalti per la rimozione di rifiuti speciali, sempre e comunque all'ombra della Sma (su questa storia indagano i pm Ivana Fulco e Henry John Woodcock).

 

Vicende che hanno sollevato polemiche e inasprito il clima elettorale, con dure reazioni per l'uso di un ex boss della camorra come esca da gettare a politici ed esponenti delle istituzioni. In meno di sette giorni, sono cadute tre teste, almeno a giudicare dalle dimissioni provocate dall'ondata di indignazione alle prime tre puntate messe in rete. Hanno consegnato le deleghe di assessore a Salerno Roberto De Luca, figlio del governatore della Campania, ma anche due personaggi chiave della Sma, la società regionale titolare degli appalti per lo smaltimento dei fanghi dei depuratori: parliamo di Domenico Di Lorenzo e Biagio Iacolare, mentre ne escono con le ossa rotte - almeno da un punto di vista mediatico - presunti faccendieri e intermediari che parlano esplicitamente di tangenti e di prezzi gonfiati. Stando a quanto emerso finora, alcune gare per la rimozione dei fanghi sarebbero andate deserte sulla scorta di una precisa strategia aziendale: piazzare prezzi bassi e poco competitivi nei capitolati di gara (tipo 125 euro a tonnellata) in modo da scoraggiare qualsiasi investimento; creare in questo modo uno stato di emergenza, in modo da veicolare appalti a trattativa privata. Una pista battuta dai pm che sembra confermata dal tenore delle conversazioni registrate dalla telecamera nascosta nella cravatta di Perrella. Ma sono in arrivo altre immagini, altre conversazioni ritenute sensibili e spendibili non solo mediaticamente, ma anche sotto il profilo strettamente investigativo. Chiara la traiettoria delle indagini: si punta a dimostrare l'esistenza di una filiera di bolle false - o meglio di autorizzazioni formalmente vere - in grado di far girare da una regione all'altra rifiuti di ogni tipo. Scenario di sempre, di quello raccontato da inchieste giudiziarie, da dossier di ambientalisti, film e ricostruzioni giornalistiche. Una vicenda che svela le facce di nuovi faccendieri, che racconta equilibri e giochi di potere all'ombra delle società pubbliche, che potrebbero aver indotto la mano di qualcuno a sferrare il primo colpo. Liquido infiammabile sotto la porta di casa del direttore di un giornale, un episodio doloso che potrebbe - condizionale doveroso - spedire un messaggio diretto a pochi target: quelle 900 ore fanno paura, qualcuno prova a far deviare altrove l'inchiesta «sui soldi sporchi di sangue della camorra napoletana».
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