Lo scandalo dei preti a luci rosse, il vescovo Spinillo: «Io ingannato, la Chiesa non nasconde nulla»

Lo scandalo dei preti a luci rosse, il vescovo Spinillo: «Io ingannato, la Chiesa non nasconde nulla»
di Aldo Balestra
Martedì 27 Febbraio 2018, 10:17 - Ultimo agg. 19:06
7 Minuti di Lettura

«Questa vicenda è tristissima. Tristissima». Ora di pranzo, Curia di Aversa. Il vescovo, monsignor Angelo Spinillo, gira e rigira tra le mani un atto ufficiale. È il decreto di sospensione canonica di Don Michele Barone, datato 16 febbraio 2018, emesso due giorni dopo che il caso degli esorcismi non autorizzati alla ragazzina finisse in tv e una settimana prima che il sacerdote fosse arrestato (insieme ai genitori della tredicenne e a un poliziotto), accusato di violenza sessuale, maltrattamenti e lesioni. E ora s'apprende che il nome del Vescovo aversano ricorre nell'ordinanza di custodia cautelare del sacerdote.

Monsignor Spinillo, da dove iniziamo?
«Il tempo permetterà di essere più attenti, aperti e forse più giusti. È una situazione tristissima, della quale nella sua estrema crudezza - abbiamo appreso dagli organi ufficiali e dalla stampa. Una serie di azioni molto gravi di cui non avevamo conoscenza. E questo ci dispiace profondamente».

E allora forse è meglio cominciare dall'inizio. Possibile che degli esorcismi pubblici, effettuati senza autorizzazioni e con modalità violente, da rito di tortura medievale, la Curia non sapesse nulla fino a qualche giorno fa?
«Non è così. Intanto a dicembre scorso, il giorno 19, ci fu l'ammonizione di Don Michele».

Cosa accadde?
«C'erano voci sulle pratiche esorcistiche da parte del sacerdote, e la sua ripetuta partecipazione a trasmissioni tv, con le sue stesse dichiarazioni in merito, indusse la Curia a prendere il provvedimento. Pubblicamente, alla presenza di altri sacerdoti, Don Michele venne ammonito. Lui non ha mai riconosciuto o accettato che si trattasse di esorcismi».

Eppure questi riti effettuati da Don Michele avvenivano alla presenza di centinaia di persone. Lei, all'epoca, era già a conoscenza di quel che stava avvenendo alla ragazzina tredicenne? Perché non intervenne?
«Una sorella della ragazzina era venuta da me. Incontrai lei, i familiari. Credo fosse l'inizio dell'estate scorsa, se non sbaglio nello stesso giorno in cui la piccola aveva sostenuto l'esame di terza media. La sorella era l'unica ad avere una convinzione diversa rispetto al resto della famiglia, che invece sosteneva convintamente l'attività di presa in carico da parte del sacerdote. Rispetto al malessere della ragazzina i genitori non hanno accettato alcuna forma di proposta di un cammino diverso, se non quella in cui avevano fiducia, ossia l'assistenza di Don Michele».

Oggi, con il senno di poi, ritiene che quella ragazza che andava controcorrente rispetto a padre e madre andasse ascoltata?
«Non sapevamo che tipo di percorso avesse innescato l'esposto della sorella. Noi abbiamo sempre sviluppato un continuo dialogo con don Michele: lui certo non era autorizzato alla pratica esorcistica (nella diocesi di Aversa l'unico abilitato è Don Carlo Aversano, parroco a Casal di Principe, ndr) e ribadiva trattarsi solo di preghiere e benedizioni. Ci ha fatto persino incontrare altri genitori che erano dalla sua parte e che confermavano ciò. Ma non ci siamo fermati: abbiamo raccolto altri elementi che hanno portato, poi, alla sospensione di un anno. La sorella della ragazzina non l'ho più rivista fino a qualche giorno fa, quando ha preceduto, di un po', la trasmissione delle Iene».
 
Visto quel che è accaduto, viste le accuse ben più gravi che investono il sacerdote della sua diocesi, pensa di doverle parlare, di dover chiarire?
«Quale problema vuole che ci sia? Io sono sempre disponibile al dialogo, la prova è che quando la ragazza è venuta a parlarmi non ho immaginato che registrasse, ho dialogato con lei con grande tranquillità. Non saprei come rintracciarla, ma ci sono i tempi giusti per farlo e magari parlarle».

E Don Michele Barone? La giustizia farà il suo corso, ma la diocesi come si comporterà ora? Lei andrà a trovarlo in carcere?
«Ci sono tre diversi binari. C'è quello della giustizia penale, e fa giustamente il suo corso. C'è poi il nostro diritto, e anche questo - con gli accertamenti dovuti - segue il suo corso che può portare alla sospensione a divinis: la sospensione temporanea è stata intanto irrogata per il massimo periodo consentito, un anno. In questo periodo gli avremmo chiesto di avviare un percorso che potesse essere utile ad una forma di recupero, nel frattempo è giunto l'arresto. C'è poi un profilo umano: la Chiesa non chiude a nessuno, quindi non cancella il suo impegno di essere attenta alla vita di ciascuno, sperando che possa rinnovarsi in una dimensione più positiva».

Monsignor Spinillo, non ritiene che i tempi dell'intervento della Curia, rispetto a quanto si andava profilando, siano stati tardivi?
«È una domanda corretta. Io posso dirle che evidenzio tutta la mia amarezza nel constatare che quella che io ritengo sia la via più giusta, vale a dire quella del dialogo prima di ricorrere a misure più cogenti, non abbia avuto in questo caso gli effetti sperati. E che, al tempo stesso, non c'è stato chi abbia avuto la forza, il coraggio di poter dire in maniera esplicita e documentata, anche a noi, quello che poi è stato detto agli organi della giustizia ordinaria. Capisco che le persone giustamente hanno denunciato alla polizia: magari noi veniamo visti solo come coloro che fanno il sermoncino e questo può essere interpretato come volontà di nascondere qualcosa. Ma non è così».

Le accuse al suo sacerdote sono ben più pesanti, oltre a quelle di aver praticato esorcismi non autorizzati e con violenza: ci sono gli abusi sessuali nei confronti di almeno due ragazze.
«Non potevamo nemmeno immaginare. Non posso che confermare di aver letto cose e circostanze di cui non avevamo conoscenza e che ci addolorano tantissimo. Non fanno crescere nessuna persona nel bene, con qualsiasi ruolo si esce sconfitti».

Ma anche ora c'è da non rimanere fermi. Molte delle vicende di cui è accusato Don Michele, oltre che a Medjugorje, si riferiscono a luoghi della sua diocesi. Che girano «intorno» al tempio di Casapesenna, che fu inaugurato da papa Wojtyla. C'è la struttura, della casetta di Nazareth, alle spalle del santuario, che ospita le «suore»: donne che hanno persino una divisa uguale. Appaiono delle religiose «inquadrate». Lo sono?
«Io non so a cosa si riferisca, se non a quanto apprendo dalla stampa e, comunque sia, i fatti di cui leggo si sono sviluppati al di fuori della comunità di Casapesenna: dagli orfani del dopoguerra alle persone vittime dei disagi dell'oggi, nella struttura si radunano persone che in forma di vita associativa sono partecipi di un'attività di carità. Ma non è una congregazione religiosa, il cammino di sviluppo della struttura non è stato completato. Certo, alla luce dell'oggi, c'è da capire come si sviluppa e quale possa essere, in futuro, quest'attività. Lì ci sono tante persone che meritano di essere incoraggiate e di vivere la consacrazione al Signore e alla vita della Chiesa. Come tutti i corpi sociali e umani possono esserci forme di devianze».

Monsignor Spinillo, opererà controlli? Manderà altri sacerdoti?
«Verificheremo. In ogni attività della Chiesa aversana c'è l'attenzione a far crescere il positivo che c'è, e che è tanto. Proprio in ore come queste ricevo attestazioni di stima per tanti nostri sacerdoti che ogni giorno sono impegnati a curare anime e territori. Purtroppo fa più rumore un albero che cade rispetto a una foresta che cresce. La vita della Chiesa non è certo fatta di peccato, o solo di peccato, i sacerdoti non sono assimilabili a un unico schema e a un unico modello negativo. E ...vorrei dirle una cosa».

Dica pure.
«Questa Diocesi non ha assolutamente intenzione di nascondere nulla delle tante cose, anche quelle apprese in queste ultime ore, anche le più sgradevoli. Vuole invece mettersi nella giusta fase di verifica e riflessione. Bisogna continuare a camminare con serenità».

Il Pontefice sa di quello che sta avvenendo qui?
«Non so se il Santo Padre sia direttamente informato. Con la congregazione del Clero e con la Congregazione della Dottrina della fede, come è prassi, c'è rapporto su questa vicenda. Se vuol sapere se c'è un incartamento, sì c'è».

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA