Napoli, il gigolò Mangiacapra: «La Chiesa strappi la tonaca a quei sacerdoti perversi»

Napoli, il gigolò Mangiacapra: «La Chiesa strappi la tonaca a quei sacerdoti perversi»
di Maria Chiara Aulisio
Mercoledì 28 Febbraio 2018, 11:09 - Ultimo agg. 14:02
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Il suo slogan è «meglio vendere a buon prezzo il proprio corpo piuttosto che svendere l'intelletto». Francesco Mangiacapra, 30 anni, una laurea in giurisprudenza dopo aver frequentato le scuole cattoliche dei padri Scolopi, è l'uomo che sta facendo tremare i vertici delle curie di mezza Italia a cominciare da quella di largo Donnaregina, dove questa mattina alle 10 è in programma l'inaugurazione dell'anno giudiziario del Tribunale ecclesiastico campano. Nel suo dossier ad alto contenuto pornografico il giovane escort napoletano svela i nomi di una cinquantina tra sacerdoti e seminaristi coinvolti in un giro di incontri a luci rosse con alcuni gigolò omosessuali. Mangiacapra, testimone chiave e principale accusatore nel processo ecclesiastico contro don Euro, al secolo Luca Morini, già indagato dalla Procura di Massa Carrara, e protagonista dello scandalo che vede il sacerdote al centro di orge e vacanze di lusso a base di sesso e droga con il danaro sottratto ai fedeli, va avanti come un treno in quella che definisce «una battaglia di pulizia e trasparenza all'interno della chiesa cattolica».

Come mai ha deciso di mettere insieme il dossier? Che cosa l'ha spinta a denunciare i sacerdoti?
«Non ne potevo più di vederli sul pulpito a predicare come se niente fosse quando poco prima, magari in canonica, avevano ricevuto il ragazzo di turno con cui si erano concessi ogni tipo di perversione approfittando spesso anche del loro stato di necessità».

Eppure lei fa questo di mestiere.
«C'è un limite a tutto. È vero, sono un marchettaro, ma ho una dignità da rispettare: nella vita si può fare qualunque cosa ma un po' di coerenza è necessaria. Chi si prostituisce conserva l'onore e l'onestà di essere se stesso fino in fondo e, quando è necessario, la capacità di indignarsi. L'atteggiamento di alcuni sacerdoti, e di chi ai vertici li protegge, ha disgustato anche me. Molti vescovi a cui è stato inviato il dossier sapevano da tempo quello che facevano i loro preti e non sono mai intervenuti».

Questa mattina sarà dinanzi ai giudici del Tribunale regionale ecclesiastico, ha altro da raccontare?
«Sono stato convocato da padre Luigi Ortaglio, credo vorrà qualche ulteriore dettaglio sul dossier. Sono pronto a rispondere a ogni domanda, d'altronde tutto quello che ho scritto è documentato: non c'è nulla che non corrisponda al vero e, soprattutto, che non sia in grado di dimostrare».

Se è così dovremmo aspettarci un bel po' di provvedimenti disciplinari per i sacerdoti di cui parla?
«Non accadrà nulla, vedrete. Nei casi più eclatanti metteranno in atto al massimo qualche trasferimento: si spostano le pedine e si continua a giocare come prima. È una vecchia storia, fingono di intervenire, in realtà sono complici».

 


Tutto inutile, insomma.
«In buona parte sì ma io ci provo lo stesso. Il mio obiettivo è far capire ai vescovi che non è insabbiando o tollerando che risolvono il problema. Perdonare sperando in un cambiamento dei singoli sacerdoti è sbagliato e lo dimostra il fatto che sono tutti recidivi: se ne fregano, sanno che non succede niente».
Se scattassero i provvedimenti la situazione sarebbe diversa?
«Non è solo una questione punitiva. Secondo me tanti sacerdoti dovrebbero fare altro: non hanno alcuna vocazione, si capisce da quello che dicono, dai loro comportamenti. In questi casi l'intervento di un vescovo serio sarebbe determinante. La riduzione allo stato laicale vorrebbe dire da un lato eliminare un prete che con i suoi atteggiamenti infanga l'intera categoria e dall'altro restituire una vita normale a chi evidentemente il sacerdote non ha più voglia di farlo».
Ha scritto anche un libro in cui racconta la sua vita da gigolò.
«Confessioni di un marchettaro, un viaggio nella vita dell'escort ma anche in quelle dei suoi numerosissimi clienti, un panorama umano inedito che racconto con spietatezza e senza pudore. Clienti insospettabili: preti, militari, disabili, ho visto davvero di tutto».
Prima il libro, poi il dossier con nomi e cognomi dei clienti. La sua attività ne avrà risentito: non è proprio uno di cui fidarsi.
«Lo avevo messo nel conto. Sapevo che svelando i miei segreti professionali avrei perso una bella fetta di clienti. I preti poi pagano molto bene, ancora di più quando si tratta di mantenere il riserbo anche se, nella mia vita, mai mi è passato per la testa di ricattare qualcuno. Quello che invece mi ha spinto a denunciare è una ribellione di fondo, dal punto di vista umano, nei confronti di questi personaggi capaci delle peggiori perversioni mentre continuano a impartire lezioni di moralismo. Il coraggio delle proprie azioni, e delle proprie idee, è un lusso che in pochi possono permettersi: io sono tra quelli».
Nel suo dossier si parla anche di pedofilia?
«Assolutamente no, anzi ci tengo a chiarirlo. Da un lato ci sono i sacerdoti, dall'altro ragazzi gay maggiorenni e consenzienti. Nessun reato è stato commesso se non quello morale di competenza solo ed esclusivamente della Chiesa».
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