«A un passo dal suicidio politico», in campo Letta e Confalonieri

«A un passo dal suicidio politico», in campo Letta e Confalonieri
di Barbara Acquaviti
Domenica 18 Marzo 2018, 11:47
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«Siamo a un passo dal suicidio politico». La fredda analisi della situazione post elettorale in Forza Italia viene attribuita direttamente a Gianni Letta. Il giorno dopo il vertice dei tre leader del centrodestra, infatti, l'ex sottosegretario alla presidenza del consiglio e da sempre tra i più ascoltati consiglieri del Cavaliere, si è precipitato a palazzo Grazioli per spiegare a Berlusconi che lasciare il boccino delle trattative per le presidenze di Camera e Senato a Matteo Salvini sarebbe «una follia».

Tra gli azzurri non filo leghisti la paura di un patrimonio che rischia di dissiparsi, ormai, dilaga. I recenti sondaggi che vedono il Carroccio schizzare oltre il 20 per cento e Forza Italia precipitare al 10, sono incubi che stanno diventando realtà. Ma il patrimonio di Forza Italia non è soltanto politico. Ed è per questo che negli ultimi giorni si è messo in moto un partito, che - con maggiore o minore discrezione a seconda delle stagioni - ha sempre accompagnato le mosse di Silvio Berlusconi: il «partito azienda».
 
Quando l'ex premier è a Milano è Fedele Confalonieri a sussurrare al suo orecchio. A Roma, ci pensa il tessitore Letta. Con loro, va annoverato anche il neo senatore Adriano Galliani. La parola d'ordine è sottrarsi al giogo del leader del Carroccio, pur non negando il patto di coalizione. Perché - è il ragionamento che si fa dalle parti di Segrate - se si lascia la gestione della situazione politica esclusivamente nelle mani di Salvini il rischio di instabilità - e di nuove urne magari dopo aver cambiato la legge elettorale con il Movimento5stelle - è più concreto. Forza Italia, insomma, potrebbe indebolirsi fino a rischiare di scomparire. E tutto questo, ovviamente, non giova agli affari di famiglia. Un assaggio si è avuto già nel day after delle Politiche, con il crollo in borsa delle azioni Mediaset e Mondadori. E in quell'occasione, a parlare, mettendo sotto accusa la gestione della campagna elettorale, fu Marina, l'ascoltatissima primogenita.

Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato, appunto, il recente vertice del centrodestra a palazzo Grazioli con Berlusconi, Salvini e Meloni. Due visioni, due linee diverse che vedono contrapporsi ormai da mesi da una parte proprio Gianni Letta e dall'altra Niccolò Ghedini, che insieme a Licia Ronzulli compone quel cerchio magico che ora è finito sotto accusa. Non a caso, negli ultimi giorni, Forza Italia ha cominciato a rivendicare la presidenza di una Camera spiegando che il segretario della Lega non può pretendere la presidenza del Consiglio e anche quella del Senato. Per Palazzo Madama, il nome che avanzano gli azzurri è quello di Paolo Romani, uno che viene considerato tra gli esponenti di spicco dell'asse del Nord. E che, guarda caso, da qualche giorno ha cominciato a ricordare di essere uno che proprio dall'universo delle aziende arriva.

La paura, il non detto di molti parlamentari, è che le energie del leader si stiano esaurendo, che ci si vada a schiantare, già a cominciare dalle Europee del prossimo anno. Ed ecco la richiesta di un cambio di passo. Che si rinnovi il partito, con nuovi responsabili regionali e un coordinamento nazionale: l'ipotesi è quella di un triumvirato, espressione del Nord, del Centro e del Sud. Ma l'operazione - è la richiesta - deve cominciare dai capigruppo. E invece Berlusconi, con una nota, finisce per blindare Renato Brunetta finito nel mirino di attacchi giornalistici: «Continueremo a lavorare con la serietà e la serenità di sempre per far uscire il Paese da questa delicata situazione di stallo e assicurare all'Italia un governo stabile».
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