Napoli dice addio a Fortuna «'a bananara», da mezzo secolo un simbolo di Montesanto

di Gennaro Morra
Lunedì 9 Aprile 2018, 19:40 - Ultimo agg. 23 Aprile, 18:02
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Oggi Napoli ha dato l’ultimo saluto a Fortuna Varriale, conosciuta da tutti come «Fortuna de’ banane». I funerali si sono svolti nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Montesanto, a due passi dal luogo dove «’a Bananara» per mezzo secolo ha gestito il suo chiosco di frutta. Aveva 93 anni e da molto tempo non esercitava più, bloccata a letto da una malattia, ma sono in tanti a ricordarla. E, infatti, su Facebook, da quando sabato si è diffusa la notizia della sua scomparsa, molti hanno voluto dedicarle un pensiero, approfittando anche della lettera scritta da Francesca Illiano, che sulla sua bacheca ha voluto celebrare la storica venditrice di frutta.
 
«Calzini e braciere d’inverno. Piedi nudi d’estate. Mozzicone all’angolo della bocca o tra indice e medio. La voce spessa che viene dalle viscere. Gli occhi piccoli e attenti. Mai un sorriso». Francesca la descrive così questa donna che in tanti, tra quelli che hanno commentato il suo post, diventato virale nelle ultime ore, non esitano a definire una vera e propria istituzione, un monumento in carne e ossa della città.
 
«Una vita seduta su una sedia di legno con il freddo freddo e il caldo africano mentre la vita ti passa a fianco, è una punizione sufficiente per ogni peccato – si legge ancora nel post della 39enne di Bacoli –. Avevo 14 anni ed era lì, era ancora lì quando sono tornata dalla seduta di laurea. Un dagherrotipo. Un riferimento».


Nel 2006 l’artista Roxy in the box aveva dedicato a Fortuna una sua opera pop, “Kill Banana”, che la raffigurava con in dosso una tuta gialla di tarantiniana memoria: «Quando la incontrai per chiederle di fotografarla perché volevo fare un lavoro su di lei, fu molto disponibile e carina – ricorda l’artista –.

Si preoccupava dei capelli spettinati e mi raccontò che in passato in tanti erano capitati lì e l’avevano fotografata. Addirittura una sua immagine si troverebbe in un museo americano, forse a Washington». E sull’opera che realizzò per lei spiega: «Risale a 12 anni fa, quando non era ancora scoppiato il boom di Napoli e sui social network non si parlava di tutti questi personaggi che caratterizzano la nostra città, dei veri e propri monumenti. E Fortuna era uno di questi personaggi, che col suo chioschetto stava in un punto che è uno snodo, quella piazzetta Montesanto dove ci sono le stazioni di metropolitana, cumana e funicolare. Tutti passavamo di là e lei c’era sempre: col freddo e col caldo». E conclude: «Io la vedevo come un personaggio di Quentin Tarantino: le sue banane erano spade, i suoi occhi erano mirini con cui inquadrava tutti. Se il regista italoamericano l’avesse conosciuta, l’avrebbe fatta sua sicuramente».

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