La condizione esistenziale di Berto

La condizione esistenziale di Berto
Sabato 14 Aprile 2018, 10:44 - Ultimo agg. 23 Marzo, 05:48
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Venezia è una nave in fondo al mare che marcendo genera i colori che tanto piacciono ai giapponesi per le loro foto. Una città di morte che tornerà ad essere fango, in bilico come sapeva Thomas Mann, e che per ora torna in un libretto di Giuseppe Berto: “Anonimo veneziano” (Neri Pozza). Berto è uno scrittore estremo che racconta il bordo della vita, un gigante accantonato perché apparteneva alla cattiva gioventù che non seppe resistere al richiamo dell’avventura, un inquieto che divenne escluso. Il libro ha una genesi curiosa, nacque, su richiesta di Enrico Maria Salerno, come sceneggiatura che poi divenne anche film; solo dopo lo scrittore si accorse della potenza che andava oltre la semplicità cinematografica: un dialogo tra un musicista che sta morendo e la sua donna in un giorno di tregua nella loro guerra sentimentale. Si sono lasciati, traditi, odiati, eppure si ritrovano. C’è una resa perfetta delle incongruenze amorose, con scambi veloci e nessun futuro. Possono vivere solo un tempo breve, l’ultimo. 
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