Sorrentino e il suo Berlusconi: «Politica? No, una storia d'amore»

Sorrentino e il suo Berlusconi: «Politica? No, una storia d'amore»
di Titta Fiore
Giovedì 3 Maggio 2018, 11:01
4 Minuti di Lettura
Roma

L'aveva detto subito, Paolo Sorrentino: «Loro» avrebbe raccontato una storia d'amore. E questo c'è, soprattutto, nella seconda parte del film su Berlusconi e la sua corte: l'amore tradito e deluso tra Silvio e Veronica, l'amore fatto di ammirazione o tornaconto personale di quegli italiani che hanno provato a ruotare intorno al suo corpo politico, l'amore degenerato del potere per il potere. Basta per dire che «Loro», nelle sue due parti, è un film di denuncia? «No, la mia intenzione va in tutt'altra direzione. Un film ideologico, schierato, su questioni già dibattute, sarebbe arrivato fuori tempo massimo» dice il regista, «m'interessava, invece, la dimensione dei sentimenti, l'uomo che sta dietro il politico. Il fatto che Veronica Lario gli ponga molte delle domande che i detrattori avrebbero voluto fargli non significa che io sia d'accordo con lei o con lui». Circondato dal suo cast formidabile, una piccola folla di grandi, talentuosi attori, rilassato e in gran forma, il premio Oscar parla per la prima volta del film più atteso dell'anno. E a chi ancora cerca il gioco dei rimandi e delle citazioni in una storia corale che ha la potenza dell'affresco di costume e l'intensità della narrazione intimista, ribatte per tutta risposta con un aforisma da Radiguet: bisogna provare a imitare i capolavori, è nella misura in cui non ci si riesce che si diventa originali».

Cosa raccontano i sentimenti incarnati dall'uomo Berlusconi?
«Nel suo mistero avvicinabilec'è il dolore, ci sono le paure della vecchiaia e della morte che accomunano le persone di mezza età, i ragazzi di vent'anni e, naturalmente, il mio protagonista. I temi che frequento da sempre. Questa è l'attualità del film, non la sua cornice storica. I sentimenti restano immutati nel tempo, ma si sviluppano in maniere diverse. Nel periodo che raccontiamo si sono espressi con un vitalismo prorompente cui segue l'inevitabile delusione».

Il suo sguardo, nel film, osserva e non giudica.
«Non avevo voglia di puntare il dito contro nessuno, sarebbe stato pretestuoso e presuntuoso, ho preferito usare un tono che viene giustamente definito rivoluzionario: quello della tenerezza. Forse con gli anni si diventa più concilianti. A differenza della cronaca, sempre più emotiva e nervosa, penso che un film, un libro siano gli ultimi avamposti della comprensione. Io ho provato a comprendere. Nel film non ci sono né vinti né vincitori, c'è un universo in grande, disperata difficoltà».

Si può dire che «Loro» sia anche un film su «Noi», sugli italiani?
«Non proprio, indaga un decennio poco esplorato e, ripeto, sentimenti universali, spero che questa dimensione resti nel tempo. Certo, racconta anche alcune caratteristiche degli italiani, l'eroismo testimoniato dalle immagini sul terremoto dell'Aquila, per esempio, non c'è solo la libertà spregiudicata e aberrante della prima parte».

Il film è nato come un dittico?
«L'ho pensato così, la sceneggiatura era lunghissima. Ma ci sarà anche una versione unica, più breve, per il mercato straniero, ci sto ancora lavorando».

Si aspettava che «Loro» uscisse proprio quando Berlusconi è tornato protagonista della scena politica?
«Quando ho cominciato a lavorarci era fuori dai giochi, ma l'uomo ha una volontà coriacea, un orgoglio importante, una determinazione di ferro, non era improbabile che tornasse in campo. Per il film non cambia nulla, ho preso in esame un periodo chiuso».

Prima delle riprese ha incontrato il Cav., che cosa vi siete detti?
«Sono un gentiluomo, invoco il diritto alla riservatezza».

Secondo lei ha visto il film?
«Non ho riscontri, ma è un uomo ironico e intelligente, non dovrebbe dolersene».

 


Le differenze tra Andreotti e Berlusconi?
«Due film diversi su due uomini molto diversi. Andreotti incarnava un potere che veniva da molto lontano, da stanze segrete, era un grande mistero. Il Divo tentava di capire se in lui esistessero dei sentimenti. In Berlusconi la capacità di entrare in sintonia sentimentale con gli altri è lampante».
Perché «Loro» non è a Cannes?
«Abbiamo presentato un film unico molto lungo e ancora non finito... l'ha spiegato, il direttore Fremaux, ed è lui che detta l'agenda, non io».
Il film si apre con «Scetate», Berlusconi canta «Malafemmena» e «Cicerenella»: il trionfo della melodia napoletana.
«Non conoscevo Scetate, l'ho scoperta di recente e mi ha incantato. Per il resto, Berlusconi ha passione per le canzoni napoletane. E io pure».
La cosa più difficile di questo film?
«Tutto, quando si ha a che fare con dei personaggi veri, per rispetto devi essere attento a tenere a freno la creatività. Per lo stesso motivo dico che fare un film su Berlusconi è stato più complicato che girare una serie su un Papa immaginario».
Nelle scene finali si vede un Cristo intatto sulle macerie del terremoto.
«Mi sembrava un modo efficace di chiudere il film con la bellezza».
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