Aldo Balestra
Diritto & Rovescio
di

Se la gita scolastica
non diverte più

Ragazzi siciliani in gita in Sardegna: per loro aggressione da tifosi isolani
Ragazzi siciliani in gita in Sardegna: per loro aggressione da tifosi isolani
di Aldo Balestra
Sabato 5 Maggio 2018, 00:43 - Ultimo agg. 6 Maggio, 09:34
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Napoli, studentessa in gita fuma spinello e cade dalla finestra hotel (www.ilmattino.it, 4 maggio 2018)
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Attesa per un anno, coincidente con la primavera. Tra aprile e maggio, in genere. Dopo le fatiche dell'inverno e prima del rush finale o degli esami. La gita scolastica è stata sempre, per tutte le generazioni di studenti, il «premio» e l'aspirazione. Il premio per chi così vedeva riconosciuto il proprio impegno. L'aspirazione per chi, al di là dei propri meriti (o demeriti), non sempre aveva la possibilità di potersela permettere.

Tecnicamente è chiamata «gita d'istruzione». Uscire fuori dal proprio ambito, per imparare vedendo, per arricchire le proprie cognizioni. Luoghi, storie, monumenti finalmente conosciuti dal vivo, e non sui libri: respirati, toccati, raccontati dai propri docenti. Una bella possibilità che, secondo noi, resta anche in tempi in cui i nostri ragazzi credono di sapere e vedere tutto, ma lo fanno solo dallo schermo di uno smartphone.

Certo, le gite scolastiche sono anche il tempo delle evasioni. Mica qualcuno vorrà cancellare tal fascino? Delle notti insonni a parlare in hotel, dei balli, dei canti. Degli scherzi, della confidenza finalmente raggiunta con il prof più ostico. E le risate a tavola. E qualche birra, magari le prime furtive sigarette, la sveglia che suona per una nuova tappa e tu che chiedi solo di dormire. Sì, c'era - e per fortuna c'è ancora - anche tutto questo.

Ma non si può non essere preoccupati della brutta piega che, da qualche anno, contraddistingue le gite scolastiche. Soprattutto alle Superiori. Periodi sempre più lunghi, tour massacranti pur di andare all'estero (e spesso i nostri giovani non conoscono neppure Roma o il resto d'Italia), organizzazioni carenti (è il fiorente business delle gite) che spesso determinano problemi e incidenti (si pensi al rischio bus, spesso non in regola e con autisti già distrutti dalla stanchezza alla partenza), itinerari decisi a tavolino e magari imposti dai ragazzi senza alcuna cognizione e capacità, professori assolutamente rinunciatari (e c'è da comprenderli) nel far da guide a truppe di ragazzi sempre più impertinenti, ribelli, ingestibili. «Non sono un domatore», confidò qualche mese fa un professore che, pur di non fare da accompagnatore, spiegò candidamente di essersi dato malato. E poi: i danni agli alberghi, ai ristoranti, i furti seriali agli autogrill, liti e botte. Alcol e risse in strada. Ospedali e paura.
Tutto questo con la didattica, ma anche con il semplice divertimento, ha ben poco in comune.

L'ultima vicenda, a Napoli, della ragazza milanese precipitata da una finestra d'albergo scambiata per una porta, molto probabilmente perchè in preda agli effetti della marijuana, induce alla riflessione. Anche se, per fortuna, non si é arrivati al dramma di qualche anno fa del ragazzo insultato dai compagni e morto precipitando da una finestra d'albergo a Milano.

Domandiamo, e ci domandiamo: vale più la pena, se la gita è praticata in tal modo? La scuola fa fatica a stare dietro a comportamenti più evidenti di piena irresponsabilità dei ragazzi. Davvero in anni scolastici ormai più brevi, che stentano a preparare i giovani italiani alle sfide del futuro, soprattutto al Sud, c'è bisogno di celebrare, senza più alcun filtro e nessuna regola, il «rito» (che in purezza rimane bellissimo e affascinante) della gita d'istruzione così declinata?

E se facessimo comprendere ai ragazzi che non si va solo allo sballo, ma bensì all'istruttivo divertimento che richiede una responsabilità da futuri cittadini? E se si studiassero percorsi e mete più logici, abbordabili, meno pericolosi o meno inutili di come possono essere un parco giochi o equivoci «divertimentifici»? ESi può fare, ma ci vuole una buona, convinta e collettiva assunzione di responsabilità.

Non sarebbe male, ai tempi di oggi. Ne guadagnerebbe una scuola che arranca sempre di più, daremmo meno pensiero a genitori in attesa di un ritorno senza danni dei propri figli. Ma faremmo sicuramente - e soprattutto - il bene dei ragazzi. Che hanno tutto il diritto a divertirsi, certo. Ma senza dimenticare che l'occasione della gita è offerta pur sempre all'interno della cornice, educativa, della scuola.
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«Le gioie violente hanno un violento termine, e si spengono nel loro trionfo» (Shakespeare)
 
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