Maria Pirro
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Baby Montessori, l'educazione è un grattacapo

di Maria Pirro
Mercoledì 9 Maggio 2018, 22:39
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«Occorre esprimersi in modo positivo, evitando giudizi; niente “no, ti sei sbagliato”, nessun sospiro di scoraggiamento o noia». E poi, «dimostrarsi pronti a mettersi in discussione». «È essenziale prestare grande attenzione alle reazioni del bambino». Sono alcuni tra i principi riepilogati in “Baby Montessori” di Sylvie d’Esclaibes e Noémie d’Esclaibes, tra le ultime proposte in libreria. E le indicazioni sono associate a 150 attività, «a casa tua», con l’obiettivo di stimolare capacità e abilità fino ai sei anni. Da Piaget gli esperti puntano infatti su diverse strategie, il dibattito si accende nel cinquantenario della istituzione della scuola materna pubblica, preceduta dalla Casa dei bambini fondata proprio da Maria Montessori. «Lei iniziò occupandosi dei minori con decifit cognitivo», ricorda Simonetta Polenghi, presidente Siped (Società Italia di Pedagogia) e ordinario di storia della pedagogia all’università Cattolica di Milano, per arrivare a spiegare: «Nel 1907, il passaggio decisivo fu quello di applicare lo stesso metodo ad alunni normodotati provenienti da contesti disagiati». Ecco la svolta.

«La speciale didattica Montessori velocizza e facilita l’apprendimento», certifica Polenghi. «Ma, per praticarla, servono una formazione specifica, un ambiente artificiale e materiale strutturato». Ad esempio. L’insegnante deve fare in modo che il bimbo si corregga da solo affinché diventi più autonomo, attento, concentrato e, tra gli ausili, le lettere tattili gli consentono di scrivere precocemente, evitando le difficoltà di impugnare la penna. Per rendere naturale questo movimento e non intaccare l’autostima, nei 150 esercizi proposti dai d’Esclaibes, si suggerisce di fare ogni volta il gesto della «pinza», che consiste nel prendere le cose con pollice, indice e dito medio. Inoltre, seguire un ordine preciso, da sinistra a destra, nel posizionare gli oggetti, predispone alla lettura. Edito da Sperling & Kupfer, il testo è articolato nei seguenti capitoli: vita pratica, vita sensoriale, matematica, linguaggio e cultura. Questi ultimi sono rilevanti per imparare a conoscere il mondo e comprendere l’altro, ma non bisogna improvvisare e «rispettare pedissequamente le presentazioni» delle attività «così come sono spiegate», l’avvertenza.
Completare gli esercizi significa educare il bimbo ad «andare fino in fondo»; predisporre l’ambiente migliore per i suoi bisogni (con cestini e vassoi da sostituire al variare delle stagioni) lo spinge a fidarsi e a creare una relazione profonda con un adulto «più preparato». «Ma occorre anche lasciare liberi i bambini se vanno già a scuola», ragiona Polenghi. «Il genitore non deve perdere spontaneità e quindi il suo ruolo. Più che alla didattica, è un bene rifarsi alla pedagogia di Montessori illustrata direttamente ne “Il segreto dell’infanzia” e “La mente assorbente”».

Stefania Manetti, responsabile dell’Associazione culturale pediatri in Campania, ha un altro libro nel cuore: “I bambini pensano grande” di Franco Lorenzoni. E afferma: «È importante rispettare il bimbo e i suoi tempi, che non sono sincronizzati con i nostri. Invece, la scuola tradizionale tende a non dare spazio alle intelligenze multiple, che si formano attraverso l’esperienza e quindi più lentamente». La famiglia può, anzi deve fare di più, «dando al bimbo la possibilità di vivere momenti in cui può riflettere, e anche annoiarsi». In particolare, precisa il medico, «la lettura di storie è un momento totalizzante di condivisione e apprendimento. Rinunciando a curiosità ed emozione, non può esserci mai una vera crescita». Quanto al metodo Montessori, oggi è utilizzato anche con i malati di Alzheimer. Per aiutarli ad acquisire o migliorare la loro autonomia. La sperimentazione, nel 2013 avviata nell’ospedale di Biella, oggi è estesa in diverse strutture residenziali.
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