L'arbitro e l'esempio serbo

L'arbitro e l'esempio serbo
di Federico Monga
Giovedì 17 Maggio 2018, 07:00
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Quando ieri dalla Serbia si è diffusa la notizia bomba dell'arresto di un arbitro per avere favorito spudoratamente la squadra dei casa dello Spartak Subotica, sui social e sui blog italiani si è scatenata una più che comprensibile ironia. Se Orsato, il fischietto di Inter-Juve noto alle cronache per non aver espulso Pjianic e per altre decisioni caritatevoli nei confronti dei bianconeri, fosse nato nei Balcani sarebbe finito per lo meno ai lavori socialmente utili. Nessun magistrato avrebbe negato i domiciliari con obbligo di firma invece a Tagliavento, che sei anni fa non convalidò un gol al milanista Muntari dentro di mezzo metro nella porta di Buffon, regalando lo scudetto alla solita Madama. Ceccarini, che nel lontano 1998 negò il rigore dei rigori all'interista Ronaldo durante la sfida decisiva per il tricolore sempre contro la Vecchia Signora, avrebbe rischiato addirittura il 416 bis. Non vogliamo fare le mosche bianche, ma quello che colpisce nella storia del truffaldino Srdjan Obradovic, è tutt'altro. Quando l'arbitro, che ora dovrà comparire di fronte a un tribunale con l'accusa di abuso d'ufficio e truffa, si è letteralmente inventato il penalty, nessun giocatore della squadra avversaria ha inscenato le solite proteste a colpi di spintoni e insulti conditi di patatine Gigi e fruttini Buffon. Scena che fa venire una gran voglia di importare dalla Serbia, non tanto il giudice di Novi Sad, quanto il rispetto dell'autorità ormai perduto in Italia.

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