L’intercettazione choc su Genny
«I pentiti? Sono una disgrazia»

L’intercettazione choc su Genny «I pentiti? Sono una disgrazia»
di Viviana Lanza
Giovedì 17 Maggio 2018, 22:34
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La microspia riprende tutto dall’alto. Luigi D’Ari è seduto alla scrivania con Domenico Mollica, fa slittare rapidamente sui polpastrelli le banconote da contare, tranche dei centomila euro avuti da Mariano Torre, «il ragioniere» dei Lo Russo in carcere per un omicidio di stampo camorristico. «Mi dispiace per Mariano» dice il medico. Da alcuni mesi Torre è collaboratore di giustizia ma quando D’Ari è intercettato (agosto 2016) era ancora un detenuto in attesa di processo. Il medico si preoccupa delle sue sorti processuali e assicura che non lo denuncerà mai. Il retroscena, «inquietante» per il gip Emilia Di Palma, è agli atti delle indagini.

«Con dieci anni se la cava?». Mentre controlla che i 50mila euro di Mariano Torre ci siano tutti, D’Ari si preoccupa per il camorrista in carcere e si dispiace che analoga sorte sia toccata a Luigi Cutarelli (altro personaggio di spicco del clan, per gli inquirenti il killer più spietato al soldo dell’ex boss di Miano) perché è giovane e rischia l’ergastolo. Due medici che si preoccupano per la sorte processuale di Cutarelli e Torre, due presunti killer - tra gli altri - del 17enne Gennaro Cesarano. «Il tutto - scrive il gip - condito da riferimenti alle recenti collaborazioni con la giustizia di esponenti di vertice, quali Carlo e Antonio Lo Russo, che lungi dall’essere viste come un’occasione per lo Stato per fare giustizia, venivano commentare dal “dottore” come disgrazie». E quando si ragiona sull’ipotesi di rivolgersi ai carabinieri per uscire da una situazione economica pressante, D’Ari assicura a Mollica: «Dico che sono venute delle persone... E che dico che è venuto Mariano? Mi devono uccidere ma io non dico niente». Per il gip, «è una dinamica di fedeltà a un appartenente al clan Lo Russo».

La difesa dei medici 
Sono due i punti centrali attorno ai quali poggia la difesa dei fratelli D’Ari rappresentata dall’avvocato Pasquale Coppola. Un primo punto riguarda il loro ingresso nella gestione del ristoranti del Lungomare all’epoca sequestrati agli imprenditori Iorio, quello che sembrava inizialmente un buon investimento: avvenne con un fitto d’azienda, un passaggio «ragionato con magistrati e amministratori giudiziari» sostiene la difesa pronta a respingere l’ipotesi di favoreggiamento che è tra le accuse contestate. Il ragionamento difensivo parte dall’assoluzione che ha chiuso il processo a carico di Iorio: «Qui si contesta un presunto favoreggiamento per condotte per le quali c’è stata l’assoluzione. Se il patrimonio degli Iorio non è frutto di reato, il favoreggiamento appare un reato impossibile». Quanto ai 5mila euro mensilmente versati dai professionisti a personaggi ritenuti legati ai Lo Russo, la difesa offre una chiave di lettura completamente diversa: «I D’Ari vittime di un’estorsione terribile». Si vedrà. L’iter dell’inchiesta è ancora lungo. 

L’odore dei soldi 
«Puzzano questi soldi». I dialoghi intercettati risalgono al 3 agosto 2016, avvengono nell’ufficio della finanziaria gestita da Mollica al Centro direzionale. D’Ari li incassa come tranche della somma con cui Mariano Torre si sarebbe assicurato «il 30 per cento mensile a vita» delle quote di un noto ristorante del Lungomare poi convertite, durante la sua detenzione, in una rendita da 1500 euro mensili a beneficio della famiglia. Intercettando i colloqui si scopre che i soldi erano in un terreno nella disponibilità di una parente della moglie di Torre. «Ora ti faccio vedere come stavano, i pacchi da 20...i pacchi stanno per contarli». Dove si trovi questo terreno è un mistero. Dalle intercettazioni è emerso a cosa è servito: custodire il tesoro del clan. Per recuperare i soldi, Mollica si sporcò le mani di terreno, e per consegnarlo nelle mani dell’insospettabile medico si vestì molto elegantemente: «Mi sono dovuto mettere giacca, lente, un sigaro in bocca... non ti dico quando sono andato a prendere questi soldi! Non ti dico per andare a prenderli.... non ti dico dove sono andato... puzzano di merda....Con la giacca addosso, un caldo che si squagliava in mezzo alla terra».
Dopo averli contati D’Ari prende in consegna il denaro. «Questi vanno nei pomodori, viaggiano con i pomodori...» dice a proposito del viaggio su un furgoncino del ristorante per non dare nell’occhio. 

La sala operatoria
«Io stavo in clinica...a un certo punto fuori alla sala operatoria, esco fuori e...». Luigi D’Ari racconta che «Una persona mi chiamò e disse “Sta Carluccio che vi aspetta a Miano”. E io dissi “Ma chi è sto Carluccio?». E ancora il medico: «Liquidai il giovane dicendo che avevo impegni di lavoro e dovevo operare, sottolineando di non conoscere la persona da lui nominata e che non volevo sapere niente. Non nego che da quel momento ho perso la serenità...». 

La talpa
È ancora un punto interrogativo nella ricostruzione dell’accusa: chi è la persona che anticipa a D’Ari l’esistenza dell’indagine in corso? È il 3 aprile 2017 quando l’anestesista comunica a Mollica della soffiata ricevuta. Diversamente dagli altri colloqui parla con voce bassissima, ricorre al linguaggio criptico e a messaggi scritti su carta. «Oggi è venuta in clinica una persona che mi conosce da bambino e ha detto “Guarda, te lo voglio dire...guardatevi i fatti vostri”» dice. «Quello che ha seguito tuo cognato Mario (Lo Russo, ndr), ora sta appresso a noi... ha dato incarico di seguire le nostre vicende». Il riferimento è al pm Enrica Parascandolo, titolare del fascicolo, che gli indagati chiamano «la capa». E la conseguenza di quella fuga di notizie è che Adriana Lo Russo, moglie di Mollica, fa controllare l’auto e scopre la microspia degli inquirenti. 

Iorio e Icardi. 
È il binomio di cui parla Mollica quando affronta l’argomento Marco Iorio, imprenditore nel settore della ristorazione che ha sempre respinto di aver impiegato soldi di dubbia provenienza nei suoi ristoranti napoletani. L’indagato fa riferimento ai nuovi business di Iorio: «Ora dicono che i soldi assai glieli sta dando Icardi, il giocatore dell’Inter». «Quello perché se ne è andato da qua e se ne è andato a Milano? - dice sempre a proposito dell’imprenditore - A Milano stanno i soldi ‘o ver’...di tutti i giocatori in mano».
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