Masullo, il filosofo che ama le sfide napoletano ad honorem

Masullo, il filosofo che ama le sfide napoletano ad honorem
di Dario Giugliano
Venerdì 8 Giugno 2018, 10:06
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Rendere conto della immensa ricchezza di una personalità quale quella di Aldo Masullo in qualche migliaio di battute è davvero un'impresa improba, perché qui è un'intera personalità che dovrebbe emergere, e non solo, per esempio, il lato filosofico di essa, o quello del docente, del maestro, alle cui lezioni, principalmente nell'Università Federico II, ma anche in quelle di Catania e Salerno, si sono formate generazioni di allievi, alcuni dei quali a loro volta docenti e maestri nelle università italiane. Né si tratta di dire solo del brillante conferenziere, che magnetizza l'uditorio, ma mai con la sola forza della retorica; oppure, ancora, di scrivere solo del politico, dell'impegno di Aldo Masullo come parlamentare, italiano ed europeo, come consigliere nell'amministrazione comunale di questa città, che, attraverso una felice iniziativa del sindaco De Magistris e dell'assessore Nino Daniele, oggi alle 11 nella Sala dei Baroni del Maschio Angioino, gli conferirà la cittadinanza onoraria. Non voglio far emergere nessuno di questi singoli aspetti, considerato ognuno isolatamente rispetto agli altri, ma vorrei rilevarli tutti insieme, intrecciati, interconnessi, riverberantesi gli uni sugli altri. Un'impresa impossibile.
 
Eppure, ho deciso di provare ugualmente, per tanti motivi; per l'affetto che provo per lui, per l'amicizia, che mi lega a lui da anni e di cui mi onoro, ma soprattutto per rispettare un suo insegnamento costante, che traspare anche dai suoi scritti, per esempio da quel libro-intervista, scritto con Claudio Scamardella proprio sulla città di Napoli, dall'evocativo titolo Napoli siccome immobile. «Rispondere a una sfida, dice Aldo Masullo in quell'intervista, e possibilmente vincerla, è il modo più bello di riempire la vita, di dare un senso all'esistenza». Ecco un grande insegnamento di un grande maestro. Si badi, non si tratta solo di parole, e per chiarire il senso di questo mio ammonimento cercherò ora di descrivere qualcosa che si apprende solo attraverso la frequentazione, lo stare insieme, anche il camminare insieme, perché no?, come insegnava Sant'Agostino nel suo dialogo De Magistro. È, infatti, attraverso la mia assiduità con Aldo Masullo, attraverso le nostre conversazioni, durante le nostre passeggiate, che ho imparato cosa sia davvero la filosofia. Platone ricorda che il filosofo debba essere considerato coma una sorta di mimo della verità, nel senso che deve portarla inscritta nel suo stesso corpo. Da qui nasce l'idea che per un filosofo pensare e vivere sono una cosa sola e non c'è nulla di meglio, per apprendere una determinata filosofia, che frequentare chi quella filosofia pensa e agisce, elabora e vive.

Masullo stesso ha spesso ricordato come il suo possa essere considerato come un «inquieto pensiero della vita», ma questo suo pensiero fa corpo unico con la sua stessa esistenza, col suo medesimo vissuto. Pensare la vita per Masullo significa, allora, riflettere sul suo lato transitivo, sulla sua partecipazione consapevole, significa, insomma, come spesso egli ricorda, nei suoi scritti, vivere autenticamente nel senso di essere consapevoli di star gustando l'esistenza, assaporandone tutte le note, dalle più dolci alle più amare. Ecco perché è fondamentale rispondere alla sfida che la vita stessa è e, a questo livello di consapevolezza vissuta, di consapevolezza del vissuto, vincere non significa certo avere la meglio, prevalere. Vincere, secondo l'insegnamento che un autentico filosofo ci dà, di un filosofo che vive (per) quello che pensa e dice, sta a indicare semplicemente il saper trarre tutto il buono dalla vita, gustare quello che in prima istanza si presenta a noi come sgradevole, doloroso, insopportabile, anche, e trarne costante insegnamento. Non a caso quel libro su Napoli ricordato prima termina con un capitolo su «La città futura». In esso Masullo ricorda perché non ha mai pensato di andare via da Napoli, egli che infante fu portato al Nord, a Torino, da genitori avellinesi, che si spostavano per l'esigenza lavorativa del pater familias. Ritornerà poi a Napoli, per l'esattezza a Nola, coi genitori, nei primi anni Trenta del secolo scorso, intorno agli undici anni.

Non si va via da Napoli, perché si deve accettare la sfida di una realtà da modificare, di una realtà dolorosa, che va conosciuta, assimilata, mai respinta, rifiutata o, peggio, ignorata, rimossa. Da questo punto di vista, questa nostra città rappresenta la vita nella sua condizione più potente; verrebbe da dire, con espressione paradossale: la vita nella sua condizione di invivibilità. Rendere vivibile l'invivibile è la sfida a cui siamo chiamati, ci dice Aldo Masullo e ce lo dice impegnandosi in prima persona, indicandoci un cammino che egli stesso percorre, quotidianamente. Ecco perché non è possibile separare in lui il suo essere filosofo dal suo essere politico, nel senso più alto di questa parola, nel senso cioè di cittadino radicalmente e consapevolmente coinvolto nella vita della città. Ecco perché ascoltare quello che ha da dire è sempre una gioia per il pensiero, per il fatto stesso di sentirsi di fronte a uno che sta pensando con te e ti invita costantemente a seguirlo, mettendoti in gioco, come lui, con lui. Non a caso, due suoi allievi della prima ora, Giuseppe Cantillo e Mariapaola Fimiani, nel loro recente libro Il fondamento nascosto: l'etica attiva di Aldo Masullo, lo definiscono un «maestro contagioso».

Non mi resta, allora, che chiudere ringraziandoti, carissimo Aldo, per questo meraviglioso contagio, che ci indirizza alla decisione del vivere bene.
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