Cervelli in fuga alle Canarie, bye bye Italia per servire ai bar

Cervelli in fuga alle Canarie, bye bye Italia per servire ai bar
di Paola Del Vecchio
Venerdì 10 Agosto 2018, 09:44 - Ultimo agg. 11 Agosto, 12:25
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«Les aconsejo la paella marinera o el arroz caldoso con bogavante, las especialidades de la casa. Les prometo que no se arrepentiran de la elección». Al ristorante «Casa Rafa», accanto all'impressionante spiaggia vulcanica di El Golfo a Lanzarote, che ispirò Los abrazos rotos di Pedro Almodovar, oltre all'offerta gastronomica il servizio è eccellente. Sorprende l'amabilità del cameriere, il tratto distinto e garbato con cui sguscia fra i tavoli. Accento spagnolo senza inflessioni, se non fosse per le vocali aperte che ne tradiscono le origini. «E' italiano, vero?», insinuiamo. «Sì», ammette con un ampio sorriso, quasi come preso in fallo. «Da cosa l'ha capito?», chiede a sua volta. Difficile spiegargli che è l'ennesimo dei connazionali, di tutte le età e le regioni del Belpaese, incrociati ai tavoli di ristoranti e terrazze, bar e hotel nel nostro periplo estivo nell'isola delle Canarie. Si chiama Carlo Adinolfi, ha 56 anni, è sardo, e la sua storia non è affatto singolare. Emigrato per un decennio a Bilbao, impiegato in una compagnia navale sulla rotta col Regno Unito, era rientrato due anni fa al paese d'origine, Sorso, provincia di Alghero, sperando di restarci: «Ho chiuso casa e trasferito mia moglie, tre figli universitari e il cane. Ma dopo aver lavorato 8 mesi come responsabile di sala, me ne hanno pagati solo 2 e ho dovuto rifare le valigie per venire in questo pueblo di 200 anime, dove almeno mi danno 1.200 euro al mese. Non mi lamento dice - ma in Italia non ci posso tornare. Lì il salario minimo è un miraggio».

Italian first, titola un reportage su The Guardian, che sfoglia distratta una coppia britannica, mentre Angelo Pirotti, 34 romano, laurea in Legge alla Sapienza, gli serve due birre ghiacciate al Chiringuito con vista mozzafiato sulla Punta del Papagayo, nella riserva naturale di Los Ajaches. Gli italiani li riconosci subito: Angelo, come Gino e Maurizio, gli altri due trentenni impiegati da Pedro, il proprietario del bar, sono i più educati, amabili e dal sorriso aperto. «Cervelli in fuga? Sì, ma per finire a fare i camerieri in Europa, di certo in Spagna, basta guardarsi attorno», ironizza Angelo. «Fatichiamo fino al tramonto, con un giorno libero la settimana, per 1.100 euro, vitto e alloggio inclusi. Ci ho provato anche in Calabria, mi offrivano la metà per lo stesso lavoro. Nessuna scelta: o fai lo schiavo o parti. Almeno qui ti garantiscono dignità nelle condizioni di lavoro», aggiunge mentre si destreggia con un polso slogato con due piatti di «papas col mojo». I flussi di emigrati crescono. E negli ultimi tempi, il ritmo fisiologico di circa 40-50mila partenze l'anno ha superato i 150mila emigrati l'anno. Uno su tre ha un'età compresa fra i 18 e i 34 anni, si tratta soprattutto di giovani ma non solo - di ogni retroterra sociale, con elevato grado di scolarizzazione, molti di tipo accademico. Hanno invaso la Spagna, con i grembiuli bianchi.

 
«Eravamo un popolo di santi, naviganti e poeti, ora siamo un popolo di servi da esportazione», si schernisce Arturo Becchi, 42 anni, da Milano, che da un lustro spende la sua laurea in Scienze Sociali come stagionale a tavoli del ristorante SalMarina di Playa Quemada. «Visto da qui, il tormentone sul Belpaese invaso dagli stranieri è insopportabile. Perché non si tutelano piuttosto i diritti minimi dei lavoratori, di tutti coloro che in Italia ci vorrebbero restare?», si interroga. «Anche la Spagna esce da una recessione e il precariato è la regola, ma da noi lo sfruttamento è il metodo. E la sinistra ha ormai rinunciato alla battaglia». Su portali come Jobatus, Joble, Lavoroinspagna.com', Animaspagna recruting gli annunci da prendere al volo. Del tipo: «Si cercano camerieri/e per chiruinguito sulla spiaggia a Playa Blanca/Lanzarote, con conoscenza dell'inglese e veicolo proprio. Sul salario, tipo di contratto, durata e giornata lavorativa parleremo nell'intervista di lavoro». Offerte in pratica al buio anche per animatori o addetti a mansioni domestiche negli alberghi, e tuttavia meno al nero di quelle italiane. Maria Gioconda Saturno, 30 anni, da Afragola, con una laurea breve in lingue e specializzazione in Scienze Politiche alla Luiss, dopo un impiego come responsabile marketing in un'impresa a Parigi «ero diventata un automa», ricorda - cinque mesi fa ha fatto di nuovo i bagagli per lavorare come fotografa professionale in un hotel di una grande catena alberghiera a Playa Blanca». «Abbiamo fatto la selezione a Roma, tramite un'agenzia di foto eventi, un solo giorno di tirocinio e via», racconta. «Altro che sacrifici dei nonni emigranti. La nostra generazione è molto più formata, a costo di grossi sforzi economici, ma per cosa? Guadagno la metà di un cameriere, con vitto e alloggio solo il posto letto - in un residence isolato e senza wi-fi. Lavoro 12 ore al giorno e non arrivo a prendere il bonus di 200 euro al mese, previsto solo se centri gli obiettivi. Impresa ardua perché, con tablets e iPhones che oggi hanno anche i bambini, chi vuoi che si faccia fotografare per 15 euro?». Gioconda, Gio' per gli amici, parla 4 lingue ed è una forza della natura, per ecclettismo di interessi culturali e curiosità intellettuali. E' una convinta sostenitrice del Movimento Cinque Stelle, anche se dopo le prime prove tecniche del governo leghista-stellato storce un po' il naso per le promesse non ancora mantenute. «E' un'opportunità per la nostra generazione e per la difesa del lavoro autonomo e imprenditoriale», afferma. «I risultati del governo di sinistra li avevamo visti». Tuttavia riconosce: «A trent'anni la mia condizione è di salariata sottopagata precaria, costretta a emigrare per sopravvivere. Resterò a vivere qui a Lanzarote anche dopo la stagione estiva, almeno fino a quando non troverò un'alternativa migliore. Ma certo preferirei vivere a Napoli».
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