Nuovo giallo sulla «Gioconda»: Leonardo la dipinse in fuga?

Nuovo giallo sulla «Gioconda»: Leonardo la dipinse in fuga?
di Guido Caserza
Domenica 12 Agosto 2018, 13:18 - Ultimo agg. 13 Agosto, 09:59
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E finalmente alla vigilia di ferragosto giunge anche l'eclatante scoop culturale. Ci arriva dalla studiosa dell'arte del Rinascimento Carla Glori, la quale sentenzia che il vero volto della «Gioconda» è ascoso sotto i lineamenti della fanciulla del Louvre: sarebbe, il viso verace, quello di Bianca Giovanna Sforza, damigella di Voghera primogenita di Ludovico il Moro.

Leonardo avrebbe occultato la damina sotto le apparenze della «Gioconda» che tutti conosciamo poiché quando lo aveva pressoché terminato i francesi erano giunti a Milano e il pittore si trovò, oltreché impossibilitato a consegnarlo al committente, anche costretto a fuggire in altre corti e poi a stendere sul volto di Bianca Giovanna i tratti d'altro enigma femminino. Dunque un capolavoro dipinto a tappe, durante la fuga.

Eravamo un po' stanchi di quella profluvie di fake news che sortivano ormai l'effetto di sollecitare una stanca alzata di spalle. Ora abbiamo finalmente la Grande Notizia, quella che sembra condita ad arte per quel tipo di pubblico velleitariamente midcult, quello che va pazzo per gli enigmi alla Dan Brown. Per costoro il mistero è soluto: la «Gioconda», la ragazza dagli occhi nebulosi e dal sorriso perturbante che alloggia al Louvre, è puro fantasma, donna senza identità e senza nome, femminino puro. Sottostante lei, giaceva da secoli Bianca Giovanna, sfortunata rampollina degli Sforza, e la dottoressa Glori, che pare ossessionata dagli enigmi (due anni fa sostenne che Leonardo avrebbe nascosto il proprio profilo sotto l'ascella della fanciulla ritratta nel foglio 399 del «Codice Atlantico»), a puntellare la sua tesi avanza altri generosi particolari. La ragazza degli Sforza vi sarebbe stata eternata, e occultata, in ritratto nuziale: Leonardo avrebbe iniziato a dipingerlo in Milano nel 1496 su commissione del Moro, per giunta duplice, giacché copia sarebbe dovuta pervenire al marito Galeazzo Sanseverino. Ma, a infittir mistero con altro mistero, il povero Galeazzo morì in circostanze oscure cinque mesi dopo il matrimonio e il ritratto nuziale, non consegnato, rimase nelle mani del maestro che incominciò, per le sopraggiunte circostanze storiche, a pennellarlo diversamente.

Solluchero per gli indigenti di fascinose notizie estive, la nostra studiosa propone anche circostanziati dettagli per identificare il paesaggio dello sfondo: sarebbe stato ripreso da un preciso punto di vista nel castello di Bobbio e vi sarebbe riconoscibile il ponte Gobbo. La tesi è supportata da algoritmi informatici, da studi in riflettografia di un suo arco nascosto che lo localizza esattamente, dall'identificazione della natura dei rilievi montuosi, da una la verifica tecnica in 3D. A commentare la notizia nessun illustre critico d'arte, ma è estate ed è la stagione perfetta per dar vita a nuovi gialli, seppur culturali. Intanto, c'è da giurarlo, il ponte Gobbo diverrà meta dei turisti e dei modaioli dell'arte.
 
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