«Shark Il primo squalo», la squalomania torna e sbanca il botteghino

«Shark Il primo squalo», la squalomania torna e sbanca il botteghino
di Francesca Scorcucchi
Venerdì 24 Agosto 2018, 10:30
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Lo hanno soprannominato «the boxoffice monster», il mostro degli incassi. «Shark Il primo squalo», uscito in contemporanea negli Stati Uniti e In Italia, sta sbancando i botteghini: 44 milioni nei primi quattro giorni in sala negli Stati Uniti, 97 nel resto del mondo, 3.353.000 euro finora nel pigro mercato estivo italiano, che grazie a questo film nella prima settimana di proiezione ha incrementato del 78% gli incassi rispetto alla precedente. Che gli squali al cinema piacciano al pubblico è un dato di fatto dai tempi dello «Squalo» di Spielberg, ma sul successo di «The Meg» (questo il titolo americano del film) nessuno ci sperava, almeno per quanto riguarda il mondo occidentale. La produzione, infatti, targata Warner Bros in collaborazione con la cinese Gravity Pictures, era stata quasi interamente pensata per il mercato asiatico, tanto è vero che nel cast era stata inserita la star cinese Li Binbing - una sconosciuta per il mondo occidentale - nel ruolo di una scienziata che deve vedersela, insieme a Jason Statham, con un megalodonte, squalo preistorico di 23 metri e pericolosissimo.
 
Diretto da Jon Turteldaub, il film è un susseguirsi di scene d'azione così rumorose da aver suscitato non poche perplessità fra chi doveva recensirlo. Il critico del «New York Times», ad esempio aveva scritto: «Se non sei sordo prima di entrare lo diventi dopo aver visto il film», definendolo «una via di mezzo fra 'Lo squalo di Spielberg e Ventimila leghe sotto il mare, costruito, però, confidando nel crollo del quoziente intellettivo del pubblico». Non proprio un elogio, insomma.

Girato fra la Nuova Zelanda e la Cina, il film è tratto da un romanzo di Steve Alten di 20 anni fa, Meg, a novel of deep terror, che ipotizza la possibilità che nelle profondità dell'oceano possano ancora vivere grossi animali preistorici. Il protagonista è Jonas (Statham), un esperto subacqueo professionista che sta vivendo un periodo di riposo, durante il quale cerca di affrontare i fantasmi psicologici di un precedente incontro con l'enorme bestia preistorica.

Quando il sottomarino di una missione scientifica è attaccato dallo squalo, Jason è costretto a tornare in servizio e affrontare la terribile bestia con tutta la serie di scene d'azione subacquee che ne conseguono e, se i critici giudicano il film piuttosto stupido, il pubblico si diverte, esattamente come è successo a Statham durante le riprese: «Abbiamo girato due anni fa ma ne ho un ricordo ancora vivissimo. È stato molto divertente, avevo già fatto per conto mio attività subacquea in passato, ma girare un film sott'acqua è una cosa molto diversa, così mi sono preparato. Lo squalo non c'era, naturalmente, ma girare sott'acqua ha un suo livello di pericolosità anche senza animali preistorici in agguato».

L'attore attribuisce il successo del film al fascino che gli squali hanno sul pubblico, da sempre: «Chi di noi non ha passato la fase degli squali da piccolo? Ricordo che andavo a comprare libri e riviste che parlavano di questi meravigliose creature, che non si fermano mai, che hanno denti capaci di rigenerarsi in 24 ore e che possono sentire se hai fatto pipì in mare a un miglio di distanza. Sono creature affascinanti che fanno paura, anche se poi non sono così tanti gli incidenti in mare».

È questa la ragione per cui Hollywood, di tanto in tanto, ritorna sul tema per incassare al botteghino, impresa sempre più difficile di questi tempi. «Jaws» di Steven Spielberg, annata 1975, ha fatto scuola, sono seguiti «Deep blue sea», «Up from the dephts» del 1979, la produzione italiana del 1981 «L'ultimo squalo» di Enzo G. Castellari, «The shallows», «47 meters down» e la saga demenziale di «Sharkanado», che ipotizza squali volanti lanciati in cielo da un tornado che in cinque anni ha già prodotto sei capitoli, l'ultimo dei quali, «The last Sharknado: it's about time», è appena arrivato nelle sale americane. Trame esili, effetti speciali risibili e, nonostante tutto, tante risate e tanto successo. Pura «Squalomania», per dirla con la settimana a tema in onda su National Geographic, questa volta puntando soprattutto sui documentari.
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