Fermoposta Malinconico, De Silva: «La coppia che scoppia sotto il peso degli anni»

Fermoposta Malinconico, De Silva: «La coppia che scoppia sotto il peso degli anni»
di ​Diego De Silva
Domenica 26 Agosto 2018, 20:00 - Ultimo agg. 2 Settembre, 12:06
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Caro avvocato Malinconico,
più tempo passa insieme alla donna che hai sposato e più il rapporto diventa parentale. Col tempo è diminuito il desiderio (anche quell'altro) di passare ore insieme a lei, ed è aumentato quello di vivere come buoni o amici o, nel migliore dei casi, come fratello e sorella.
Non illudiamoci, più tempo passa e più ci si scopre petulanti, noiosi e abitudinari, mentre la moglie ragiona in altro modo e poi ti confessa che fino ad allora ti ha sopportato. Forse una volta le cose stavano diversamente, ma oggi (e per fortuna) le donne occupano ruoli di responsabilità in quasi ogni campo; eppure viviamo, secondo la teoria di Bauman, in una società liquida, fatta di elementi individuali che non solidarizzano, ed è amaro constatare questa divisione tra esseri umani legati alle stesse vicende, le stesse opportunità, gli stessi sogni. Egregio avvocato Malinconico, può darci qualche barlume di speranza?
Elio


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Caro Elio,

quello che mi ha colpito della tua lettera è l'accostamento che proponi fra parentelizzazione del matrimonio (il calo progressivo dell'interesse reciproco, l'accumulo delle distanze e dell'isolamento domestico, la svogliatezza sessuale e finanche, come argutamente scrivi, il venir meno del minimo sindacale affettivo, sì che un giorno scopri di non essere più neanche oggetto di conflitto ma di mera sopportazione) e società liquida teorizzata da Zygmunt Bauman, quasi che quello della decadenza del matrimonio sia un effetto della crisi della modernità che, rendendoci tutti consumatori che trovano nella merce il solo certificato di omologazione ammesso, metaforicamente si liquefanno in una società massificata.

Non so se hai ragione (anche perché ti confesso che Bauman non mi ha mai intortato granché), ma è indubbio che una relazione fra crisi dell'istituzione matrimoniale e sfarinamento sociale eserciti una pressione enorme sulla singola coppia che non trova più in sé una giusta causa di sopravvivenza (come avveniva quando si sentiva parte di una società che la riconosceva come azionista di maggioranza), e confrontandosi con il nichilismo circostante, la scarsa convenienza dell'investire nell'affare della vita in comune, il disconoscimento sociale di un ruolo in cui aveva immesso tutte le sue risorse e vede ogni giorno più svalutato e svuotato di prospettiva (al pari di uno che sgobbi in un'azienda sapendo che gli è preclusa ogni possibilità di carriera), finisce per consegnarsi a uno stato di passività dolosa, una rassegnazione distruttiva che la rende colpevole, per così dire, di omissione di soccorso, o meglio di militanza: perché il matrimonio, come ogni altra relazione significativa (anzi di più, perché presuppone addirittura la sottoscrizione di un contratto) comporta dedizione, motivazione e presenza, cioè lavoro quotidiano.

Detto questo, non possiamo pensare di cavarcela risolvendo sociologicamente la faccenda. Perché la vera domanda che interroga chiunque abbia fatto il passo del matrimonio (e che si tende colpevolmente, benché comprensibilmente a schivare), è: ho sposato davvero chi volevo sposare? Non che uno scelga a caso, ovvio. Ma sappiamo bene che le ragioni per cui ci si sposa possono essere tante, anche nobilissime. Resta però la domanda: la persona che ho accanto, che ho scelto (o, almeno sulla carta, ho detto di scegliere), è quella senza la quale la vita mi sarebbe risultata impensabile? Quella che mi faceva impazzire solo a sentirne la voce? Per cui avrei viaggiato per ore pur di vederla cinque minuti? Al diavolo i valori che contano (l'affidabilità, la buona educazione, il senso della famiglia e così via): era lei il mio tipo? Quella con cui avrei voluto fare l'amore tutti i giorni, in qualsiasi momento e fino a perdere il conto, che avrei desiderato sempre (perché una persona che ti piace davvero la vuoi sempre, e sono chiacchiere che perdi il desiderio: avete mai perso la voglia di un ragù napoletano, di una parmigiana di melenzane o di una bistecca?); con cui non vedevo l'ora di dividere l'intimità, i cassetti e gli armadi, la cucina e il bagno: in altre parole, la persona con cui non me ne fregava niente di andare sul sicuro, perché era lei che mi bastava? È questa la sola domanda che conta, perché interpella i nostri desideri; e su quelli, caro Elio, non c'è società liquida o solida che tenga.
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