Scandalo pedofilia, il Papa è deluso. E Viganò teme per la sua vita

Scandalo pedofilia, il Papa è deluso. E Viganò teme per la sua vita
di Franca Giansoldati
Mercoledì 29 Agosto 2018, 07:00 - Ultimo agg. 11:05
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CITTÀ DEL VATICANO - La crisi ha radici lontane. È qualcosa che va ben oltre la provocatoria richiesta di dimissioni al Papa, formulata non tanto per ripicca personale come il mancato cardinalato o la perdita dell'appartamento vaticano. Il fatto è che il memoriale dell'ex nunzio negli Usa, Carlo Maria Viganò è frutto di un lavoro di squadra, a cominciare da un abile ghostwriter che ha steso il testo poi tradotto in inglese, francese e spagnolo e affidato a diversi blog di area conservatrice per essere trasmesso contemporaneamente in altrettanti Paesi proprio mentre Papa Francesco era impegnato nel viaggio a Dublino. Tutto calcolato.
 
Nel frattempo l'autore del memoriale decideva prudentemente di lasciare l'Italia per rifugiarsi in un luogo segreto, facendo trapelare di temere per la sua vita. A conti fatti questo progetto ad ampia gittata è stato pensato per indebolire Papa Bergoglio e, con ogni probabilità, a indurlo a maturare le dimissioni nel momento in cui verrà a mancare il Papa Emerito che però vive ritirato e gode di una salute piuttosto buona nonostante i 91 anni suonati. Un collaboratore di Francesco ieri lasciava trapelare che a dimettersi non ci pensa minimamente. «E' però amareggiato». L'ombra della cospirazione si è allungata lentamente, man mano che in questi cinque anni cresceva il forte disorientamento di settori ecclesiali di stampo più tradizionale. L'approccio nuovo di Francesco in campo dottrinale e teologico non sempre è stato accolto con entusiasmo, fino a che i momenti di incomprensione si sono legati alla incapacità di dialogo interna. I fossati si sono allargati due anni fa quando è stato promulgato il documento più importante di Bergoglio, quello che ha dato la possibilità per i divorziati risposati di accedere alla comunione, previo percorso di fede. L'Amoris Laetitia in poco tempo ha coaugulato i critici, i dubbiosi e e gli scettici. La mancata risposta del Papa ai cardinali dei «dubia» che avevano richiesto invano una udienza per confrontarsi direttamente con lui e fargli presente gli errori che intravedevano nel testo papale ha esasperato ancora di più gli animi, trascinandosi dolorosa, senza mai trovare uno sviluppo capace di ricomporre la frattura. Altra dose di irritazione si è accumulata davanti a una gestione interna a tratti così dicono - esasperatamente autoritaria. Papa Francesco senza consultare troppe persone ha cominciato a fare rotolare teste importanti, compreso quella dell'ex Gran Maestro dell'Ordine di Malta, Matthew Festing, un nobiluomo mite e leale, costretto a firmare seduta stante le dimissioni senza una motivazione plausibile, ufficialmente per una storia strampalata legata a non voler diffondere preservativi durante le missioni umanitarie del Malteser. Festing si rifiutava perché sarebbe stata contraria al magistero. Ciò che però ha davvero messo benzina al progetto cospiratorio facendolo decollare ha a che vedere con la gestione opaca e ben poco trasparente del Vaticano su quei vescovi e cardinali compromessi con fatti di pedofilia. Per esempio il caso del cardinale McCarrick. Vicende che hanno scosso l'opinione pubblica mondiale finendo per allontanare tanti fedeli dalle chiese, stomacati da atteggiamenti non più comprensibili in un mondo di vetro e iper-connesso. Il fronte conservatore ha iniziato a compattarsi in Cile come in Francia, negli Usa come in Germania. Ieri dagli Stati Uniti il procuratore della Pennsylvania, Josh Shapiro ha affermato di avere le prove che il Vaticano era a conoscenza degli abusi compiuti dai preti ma li difendeva. «I leader della Chiesa hanno mentito ai fedeli» ha detto, aggiungendo di non potere parlare però esplicitamente per Papa Francesco. Le dimissioni avanzate dall'arcivescovo Viganò e messe sul tappeto con il memoriale choc sembrano voler indebolire il pontificato per metterne a nudo le contraddizioni.

Stavolta è il sistema vaticano nella sua interezza ad essere messo in discussione. Difficile che Papa Francesco, avendo fatto l'arcivescovo per tanti anni, non fosse a conoscenza di quella prassi consolidata e infernale che ha privilegiato il silenzio per non dare scandalo più che la cura delle vittime. Ancora oggi c'è chi pensa che la pedofilia nella Chiesa non dovrebbe esser resa pubblica. «Gli abusi sono questioni delicate ed è meglio trattarle internamente senza fare pubblicità» ha spiegato recentemente in un libro un fedelissimo di Papa Francesco, il cardinale messicano Alberto Suárez Inda.

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