Cucchi, «Sulla mia pelle» a Venezia
tra rabbia e commozione

Cucchi, «Sulla mia pelle» a Venezia tra rabbia e commozione
di Titta Fiore
Giovedì 30 Agosto 2018, 11:00 - Ultimo agg. 11:50
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VENEZIA - Sui primi piani del volto scavato e sofferente di Alessandro Borghi, così simile a quello di Stefano Cucchi che abbiamo imparato drammaticamente a conoscere dalle foto di cronaca, scattano gli applausi commossi. Sette minuti di ovazione e qualche lacrima alla prima proiezione pubblica di «Sulla mia pelle», il film di Alessio Cremonini che ha aperto la sezione Orizzonti e ricostruisce, con il rigore del reportage («abbiamo studiato più di diecimila carte processuali», racconta il regista), gli ultimi sette giorni di vita del ragazzo romano arrestato per spaccio e morto in carcere dopo molti pestaggi. Sul caso, ancora aperto, Cremonini spiega di non aver voluto fare un processo nel processo: «I film non sono aule di giustizia, quello che è successo ce lo devono dire i magistrati». Ma snocciola dati e cifre, per dare al discorso la forza incontrovertibile dei numeri e delle statistiche: «In carcere si muore, negli ultimi cinque o sei anni si sono contati ottocento morti, e molti sono suicidi. Dopo Stefano, in poco tempo, altri trentacinque. Non è un mistero che in questo Paese il sistema carcerario faccia acqua da tutte le parti». Borghi si è calato nei panni di Cucchi con pietas umana e passione civile: «Nella sua tragica vicenda Stefano ha incontrato più di cento persone e nessuno gli ha dato una mano, nessuno si è assunto la responsabilità di denunciare». La cosa più difficile del ruolo? «Senz'altro perdere diciotto chili, mangiando lenticchie decorticate e poco altro con i consigli di una brava nutrizionista sono arrivato a 62 chili, ma ero intrattabile, quasi fuori di me. La squadra mi ha aiutato, mi sono sentito protetto e le cose sul set hanno preso da sole la piega giusta. L'ho capito quando la sorella di Cucchi, Ilaria, ha visto il film e mi ha detto abbracciandomi: Non so come ci sei riuscito, ma sei uguale a lui».
 
Ieri sera, in sala, c'era anche lei, profondamente commossa e turbata, stretta a Borghi in un abbraccio infinito. «Dedico il film al ministro degli Interni Salvini e gli chiedo un incontro pubblico che non accetterà mai perché in campagna elettorale ha affermato che gli faccio schifo. Guardando queste immagini ho rivissuto tutto quel che Stefano ha subito, non posso dimenticare quando Salvini ha detto che una eventuale legge contro la tortura avrebbe legato le mani alle forze dell'ordine e che, in caso di fermo, qualche sberla ci sta e se qualcuno si fa male, pazienza. Una frase inaccettabile da un politico nella sua posizione». Sullo schermo Ilaria ha il volto, la voce, i gesti misurati di Jasmine Trinca che dice: «Questo film è un atto dovuto e non una semplice cronaca, un modo per riappropriarsi della realtà, rendendo al cinema la sua funzione romantica di testimonianza e di memoria». «Sulla mia pelle» uscirà nelle sale in contemporanea con la trasmissione in streaming sulla piattaforma Netflix, nonostante il parere contrario di una parte degli esercenti (quindi il film si vedrà in 190 Paesi e, finora, in 30 cinema italiani, ecco il paradosso). Citato, evocato, sempre al centro delle polemiche mediatiche, alla fine è arrivato al Lido anche Matteo Salvini. In forma privata però, per una cena con la fidanzata Elisa Isoardi che lo aveva preceduto sul red carpet. «Alla fine sono venuto, l'ho fatto per la morosa», ha scherzato concedendosi ai selfie dei suoi elettori.

Ufficialmente il ministro è a Venezia per incontrare il governatore Zaia, compagno di partito e di strategie. E con lui ha partecipato al galà della Biennale, al tavolo del presidente Baratta.

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