Così Valeria Golino diventa Carlà: «Donna chic e malinconica»

Così Valeria Golino diventa Carlà: «Donna chic e malinconica»
di Titta Fiore
Giovedì 6 Settembre 2018, 10:30
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VENEZIA - Valeria (Bruni Tedeschi) e Valeria (Golino) nel film «I villeggianti» sono sorelle. E poiché la prima, che è anche la regista della storia, ha raccontato in questa «autobiografia immaginaria» molte cose della sua vita e della sua famiglia italo-francese rielaborandole con elementi di finzione, si presume che l'altra Valeria, con tutto il suo fascino greco-partenopeo, nella commedia dolceamara passata alla Mostra fuori concorso e molto applaudita, sullo schermo interpreti il personaggio dell'ex première dame Carla Bruni. È così, Golino? «È così e non è così. Valeria voleva che il personaggio avesse una grazia, una bellezza armonica, voleva raccontare una donna che ama dare di sé un'impressione di compostezza anche se dentro è malinconica, e nella ricerca di quell'armonia di rappresentanza c'è qualcosa che forse rimanda a Carla. Ma lei è molto più risolta, è una mamma felice, mentre il mio personaggio piange su un vecchio aborto e ha con il marito un rapporto più solido di quello che ho io sul set con Pierre Arditi». Bruni Tedeschi, ha mai chiesto a Carlà di recitare per lei? «Glielo chiedo sempre, ma non vuole. Lo ha fatto con Woody Allen, con me si rifiuta. Ogni volta lo stesso rito: vuoi fare il film? No. Va bene».
 
In compenso nel cast ci sono sua madre pianista Marisa Borini, sua zia novantenne Gigi e la sua bambina adottiva Oumy Bruni Garrel di origini senegalesi, che ha quasi dieci anni e si sente la protagonista del film, c'è il ricordo, vivissimo, di suo fratello Virginio morto di Aids qualche anno fa. Nei panni del compagno che la lascia per una modella ecco Riccardo Scamarcio, e non è difficile riconoscere nella sua figura di bello e dannato, bravissimo, l'ex compagno della regista, Louis Garrel. Tutti insieme, appassionatamente, arrivano - o passano - nella bella casa di famiglia in Costa Azzurra, un posto che sembra essere fuori dal tempo e protetto dal mondo, dove ciascuno si ritrova con leggerezza, con dolorosa allegria, con malinconia, a fare i conti con il mistero della propria esistenza. Quanto c'è di autobiografico? «Nella vita è difficile arrivare alla verità, io mi faccio aiutare dalla finzione dell'arte». Golino: «Io li conosco da vent'anni e sono fantastici, quando sto con loro mi sembra di guardare un film. Per me tra Valeria e Carla c'è una grande tensione emotiva, si vogliono un gran bene e sono spesso in disaccordo, ma se le dicono, le cose. La madre è un genio, spiritosa, carismatica, la zia Gigi una scoperta». Bruni Tedeschi attrice, com'è? «Molto elegante, sentimentalmente impudica». Regista? «Unica, ti fa sentire protetta anche quando sei al tuo peggio. Lavorare con lei è un'esperienza, non sai mai cosa accadrà. Valeria è come un incidente che può succedere da un momento all'altro». Invece Golino regista, come si descrive? «Io sono completamente diversa, non faccio mai autofiction, nei film che dirigo c'è la mia vita ma non lo do a vedere, non sono mai diretta». L'ultimo, «Euforia», uscirà il 25 ottobre: «Coltivo il pathos della distanza e invidio a Valeria la capacità di mettersi a nudo». A proposito, Carlà ha visto «I villeggianti»? «Non ancora, ma credo e spero non le dispiacesse l'idea che la sorella la interpretassi io». La conosce? «Ha un grande carisma, mi piace guardarla e ascoltarla. Ma tutta la famiglia m'interessa, perché è calda ed esotica». Nel film il personaggio di Bruni Tedeschi racconta la molestia subita da bambina da un marinaio: verità o finzione? «Nel ricordo infantile non si sa mai cos'è vero e cosa inventato». Del «MeToo» cosa dice, la regista? «La causa è giusta in tanti settori in cui le donne sono abusate, maltrattate, malpagate. Nel mondo del cinema trovo si esageri un po'». E sulle quote rosa: «Nell'arte non devono esserci, non mi piacerebbe essere messa in concorso perché sono una donna, sarebbe una vergogna. In altri campi evitano discriminazioni e quindi sono necessarie».

Molti applausi hanno accolto nella sezione Orizzonti l'esordio nella regia del campano Ciro D'Emilio che ha raccontato, in «Un giorno all'improvviso», il rapporto d'amore esclusivo tra una madre e un figlio. Lei, Anna Foglietta, amorevole, instabile e piena di problemi, sogna di ricostruire la famiglia sfasciata. Lui, Giampiero De Concilio, sogna di proteggerla e di rifarsi una vita sfondando nel calcio. «Volevamo raccontare una storia aderente alla vita vera che potesse parlare del Sud in maniera diversa dal solito», spiega il regista. Nato a Pompei, cresciuto a Scafati (dov'è girato il film), a Roma dal 2005 per studiare cinema, D'Emilio è stato assistente sul set di «Gomorra» la serie, ha diretto videoclip e corti su temi sociali. «Un giorno all'improvviso», prodotto da Lungta Film, non ha ancora una distribuzione, ma l'accoglienza veneziana fa sperare: «Non potevamo avere battesimo migliore».
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