I ricordi di Chiara Marciani:
«Parlatemi di tutto
ma non di Napoleone»

I ricordi di Chiara Marciani: «Parlatemi di tutto ma non di Napoleone»
di Maria Chiara Aulisio
Sabato 8 Settembre 2018, 20:00
5 Minuti di Lettura
Quel tema sulla vita di Napoleone Bonaparte, letto ad alta voce durante l'esame di quinta elementare, davanti a tutte le maestre e a una buona pattuglia di compagni di classe trepidanti con relativi genitori, ancora lo ricorda. Un vero e proprio incubo - racconta - uno di quei momenti «che te lo sogni la notte», quasi come l'esame di maturità che, anche a distanza di decenni, continua a turbare il sonno di molti. Chiara Marciani, classe 77, giovane assessore regionale alla Formazione e alle Pari opportunità, appassionata di storia, arte e musica, le gesta del generale francese le ricorda come se le avesse appena studiate.
 
 

Viva Napoleone.
«Mamma mia, che angoscia... Napoleone Bonaparte, nominarlo mi mette già l'ansia. Momenti terribili ma anche di grande soddisfazione quando poi tutti mi fecero i complimenti. Avevo 10 anni, scelsero me per sostenere l'esame di quinta elementare con l'unico membro esterno della commissione. Passai la notte quasi in bianco pensando che avrei dovuto leggere ad alta voce il mio tema su Napoleone».

Perché proprio lei?
«Ero tra gli studenti considerati più bravi, non si potevano fare brutte figure con quel professore e la maestra indicò me per l'interrogazione».

Prima della classe?
«Ho sempre studiato molto volentieri, ma il giusto. Nel senso che non sono mai stata una secchiona, anzi: uscire con le amiche e divertirmi mi piaceva tanto però ho sempre avuto un grande senso di responsabilità».

Ligia al dovere, dunque.
«È il mio carattere. E purtroppo la vita ha contribuito a rendermi ancora più rigorosa e consapevole. Ho perso mio padre che avevo solo 15 anni, un dolore che ti resta dentro e ti mette alla prova prima del tempo. Eravamo una splendida famiglia, all'improvviso mamma e io ci ritrovammo sole».

Ma ve la siete cavata.
«Abbiamo fatto squadra, grande complicità e tanto amore. Però lui mi è mancato molto, ricordo la tristezza quando si usciva il sabato sera e tutte le mie amiche aspettavano che i papà venissero a prenderle per riportarle a casa. Io però avevo una super mamma».

Un genitore per due.
«Bravissima. Lavorava in ospedale, non mi ha mai fatto sentire la sua assenza, faceva i salti mortali per conciliare il lavoro e insieme occuparsi di me. Poi c'erano i nonni».

Passava molto tempo con loro?
«Sì, erano i genitori di mio padre: mamma e io siamo sempre state molto legate a loro. E questa è la ragione per cui siamo rimaste a vivere a Portici fino a quando ho preso la maturità. I nonni vivevano in provincia di Salerno e raggiugerli da Portici era più semplice e veloce».

Poi vi siete trasferite a Napoli?
«Quando i nonni non ci furono più e venne il tempo dell'Università decidemmo che vivere in città sarebbe stato più comodo per tutti».

Quale facoltà scelse?
«Scienze politiche, Federico II».

Con quanto si è laureata?
«110 e lode».

Voto di maturità?
«Sessanta».

Un po' secchiona lo era.
«La verità è che ho studiato quello che mi piaceva e allora tutto diventa più semplice. La facoltà che ho scelto poi era esattamente ciò che avevo in mente. Ho sempre amato la storia, moderna e contemporanea, quella delle dottrine politiche e delle istituzioni politiche, la filosofia, la sociologia, il diritto pubblico».

Già studiava da assessore.
«No, per la verità ero orientata verso tutt'altro ma è chiaro che quel mondo mi appassionava. Dopo la laurea frequentai un corso di specializzazione in diritto, politica ed economia dell'Unione europea. Mi chiamarono a lavorare prima a Montpellier e poi ad Avignone: mi occupavo di programmazione, attuazione e controllo dei fondi europei per conto di alcune società di consulenza in favore delle regioni impegnate nell'utilizzo dei fondi».

Come mai il ritorno a Napoli?
«Fu un caso. Il destino volle che la società per la quale lavoravo vincesse una gara con la Regione Campania. Era il 2003, avevo 26 anni, mi chiesero se volevo occuparmene. Dissi subito sì, l'idea di tornare a casa per un po' non mi dispiaceva affatto».

Poi però non è andata più via.
«Questione di cuore».

Di chi si è innamorata?
«Di quello che poi sarebbe diventato mio marito».

Dove lo ha conosciuto?
«In Regione. L'ho incontrato lì: era il 2005, piena emergenza rifiuti, ce ne occupavamo entrambi. Io seguivo i progetti finanziati con i fondi europei, lui da avvocato verificava la regolarità delle procedure di gara».

Uniti dalla spazzatura, insomma.
«Ci hanno sempre preso in giro. Il giorno delle nozze ci hanno regalato un camioncino di plastica pieno di rifiuti».

Dai fondi per l'emergenza rifiuti alle Pari opportunità il passo è lungo. Due settori completamente diversi.
«Il passaggio non fu così automatico. Fino al 2007 rimasi dov'ero, poi venni selezionata per un lavoro di assistenza al ministero dello Sviluppo economico - sempre nell'ambito dell'utilizzo dei fondi europei da parte delle regioni - andavo e venivo da Roma tutti i giorni. Meno male che c'era mia madre ad aiutarmi perché nel frattempo avevo avuto due bambini e la gestione familiare diventava sempre più complessa».

Un lavoro molto interessante, però.
«L'ho sempre fatto con grande passione, ma quando il presidente De Luca valutò che il mio curriculum fosse quello giusto anche per occuparmi di formazione, giovani e pari opportunità, fui molto felice di farlo. E credo di essere riuscita a realizzare anche gran parte dei progetti che avevamo predisposto. Sono sempre stata molto tenace, come mia nonna d'altronde».

Che ricordo ha di lei?
«Straordinario. Così come quello che ho di sua sorella, viveva in Baviera: ogni estate ci mettevamo tutti in macchina per andare a trovarla. Non prenotavamo mai niente, si partiva all'avventura e quel pizzico di incertezza che caratterizzava il nostro viaggio era la parte più entusiasmante».

Vacanze alternative, insomma.
«Alla scoperta dei luoghi direi. Si partiva per andare a trovare la zia tedesca, si finiva girando per l'Europa. È così che ho imparato a viaggiare e soprattutto ad apprezzare il valore della famiglia e la gioia di condividere insieme i momenti più belli».
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