Cos'è il vaiolo delle scimmie: la malattia fu osservata per la prima volta nel 1958

Cos'è il vaiolo delle scimmie: la malattia fu osservata per la prima volta nel 1958
Cos'è il vaiolo delle scimmie: la malattia fu osservata per la prima volta nel 1958
Domenica 9 Settembre 2018, 18:40 - Ultimo agg. 10 Settembre, 09:27
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La malattia chiamata vaiolo delle scimmie fu osservata per la prima volta nel 1958 nelle scimmie da laboratorio. Il virus colpisce soprattutto scoiattoli, ratti e topi, e può essere trasmesso anche agli esseri umani, dagli animali infetti, attraverso uno stretto contatto con sangue o morsi. L’agente patogeno del genere Orthopoxvirus, famiglia Poxviridae, è un virus simile al Variola il virus del vaiolo.

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Nel suo stato naturale in realtà il virus colpisce i roditori (soprattutto scoiattoli, ratti e topi), e può essere trasmesso ai primati (e quindi anche agli esseri umani) dagli animali infetti attraverso uno stretto contatto (sangue o morsi). È possibile la trasmissione interumana del virus: lo si sospettava in base a una epidemia scoppiata. Nel 1997 nella provincia del Kasai Orientale (Repubblica Democratica del Congo) ed è poi stato confermato da uno studio epidemiologico ad hoc. Altre epidemie sporadiche si sono registrate in Repubblica Centrafricana nel 2016 e 2016. In Nigeria dallo scorso anno si sono registrati 89 casi in tutto il Paese: sei non sono riuscite a sopravvivere.

I sintomi.  I segni e i sintomi sono simili a quelle del vaiolo.
Insorge circa 12 giorni dopo l'esposizione con malessere generale (febbre, mal di testa, dolori muscolari) e linfadenopatia, e in genere dura da due a quattro settimane. Compare, dopo 1-3 giorni dalla febbre iniziale, una eruzione cutanea (vescicola che evolve in genere in papulo-pustola, poi forma una crosta e cade) generalmente prima sul volto. La mortalità In Africa è di circa il 10% (quella del Variola maior, la forma grave del vaiolo, è tre volte più alta). Al microscopio ottico si osservano degenerazione ballonizzante dei cheratinociti e presenza intracellulare di corpi eosinofili. Si dimostra il DNA virale per mezzo della PCR in un campione clinico. Non esiste un trattamento specifico.
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