Nasce la Rai di Foa, parte il rodeo dei direttori: la Lega vuole Tg1 e Rai1

Nasce la Rai di Foa, parte il rodeo dei direttori: la Lega vuole Tg1 e Rai1
di Mario Ajello
Sabato 22 Settembre 2018, 08:00 - Ultimo agg. 15:37
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L'incoronazione per Marcello Foa è pronta. Ma il brindisi non è stato ancora allestito. Gli amici gli dicono: «Marcello, ormai è fatta. Cin cin?». Ma lui rimane prudente: «Aspettiamo un altro po'. Mi devo ancora guadagnare la fiducia della commissione di Vigilanza, di cui ho il massimo rispetto». Una volta ottenuta quella, si entrerà subito - da giovedì - nel rodeo delle nomine dei direttori. Ossia nella lotta dura, tra leghisti e grillini, per la spartizione dei tiggì e delle reti. La priorità adesso è questa: chi riesce meglio, tra i giallo-verdi, a piazzare i suoi. Il Carroccio si fa forte di 3 voti sicuri (Foa, Rossi e Di Blasio) su 7 nel Cda, l'organismo che vota sui nomi proposti dall'ad Salini, mentre M5S ne ha uno (Laganà). E già la condizione di partenza è squilibrata, a danno di Di Maio. Proprio per questo, Salvini vorrebbe puntare al pienone: sia il direttore del Tg1, sia il direttore di RaiUno. Ovvero le due corazzate. M5S è già in trincea: «Così è troppo». La quadra, come sempre, si troverà, ma la guerra degli appetiti impazza.
 
Il Carroccio non dà per scontato, a dispetto delle voci che circolano, che la poltrona del Tg1 andrà ad Alberto Matano, in quota grillina, e sta crescendo la voglia d'impuntarsi. Secondo questo ragionamento: «L'accordo iniziale, quello sull'ad scelto da Di Maio e sul presidente scelto da Salvini, prevedeva che, come riequilibrio per noi, visto che la poltrona di presidente conta poco, ci sarebbe stato il Tg1. Quell'accordo dovrebbe valere ancora». In base all'intesa di allora, a dirigere il Tg1 dovrebbe andare Gennaro Sangiuliano, attuale vice, che non solo è nelle grazie di Salvini e del resto del centrodestra ma può anche vantare - e su questo nei piani alti del Carroccio s'insiste - una conoscenza personale e frequentazione accademica con il premier Conte. Ed è mai possibile che Conte non venga in alcun modo rappresentato nella nuova Rai e che non abbia alcuna voce in capitolo nelle nomine? Dunque, per quanto riguarda l'ammiraglia, una poltrona per due. Chi la spunterà? Se Matano - su cui fioccano i sospetti leghisti: «E' stato super-renziano» - va alla guida del Tg1, al Tg2 va Sangiuliano. Oppure viceversa. Visto che le voci sulla promozione a direttore del 2 in quota salvinista di Luciano Ghelfi, attuale quirinalista, vengono per lo più giudicate fake news. Si tende ad escludere anche il trasloco di Andrea Montanari dal Tg1 al Tg3, in cui dovrebbe restare Luca Mazzà, considerato «equilibrato» agli occhi dell'entourage di Salvini.

Da giovedì si balla, insomma. Ed è giusto così. Perché lo stallo dovuto al caso Foa ha impedito all'azienda una operatività strategica, anche se - di contro - ha consentito all'ad Salini di avere più tempo per studiare i vari dossier e impadronirsi della conoscenza dell'azienda. Nella quale riveste una importanza assoluta RaiUno. Quella di Sanremo, per intenderci, delle fiction nazional-popolare, del bacino pubblicitario di gran lunga più imponente. Marcello Ciannamea, attuale direttore dei palinsesti, molto ben visto dalla Lega, è quasi sicuro alla guida di questo panzer. E si stanno definendo anche le altre due poltrone: Maria Pia Ammirati, ben vista dai grillini, a Rai2; mentre Stefano Coletta resterebbe alla terza rete. A meno che la stima e amicizia che legano l'ad Salini e Carlo Freccero non portino quest'ultimo a RaiTre, ma potrebbe spuntare per lui anche qualche altro ruolo inedito adatto al personaggio. Che comunque non ha ricevuto nessun segnale e non ama stare in mezzo ai gossip. RadioUno è un altro boccone ghiottissimo. Non comprende soltanto la rete ma anche i tre giornali radio. In pole position viene dato Ludovico Di Meo, ben visto nel centrodestra, considerato uomo Rai d'esperienza sia in testate giornalistiche sia in reti generaliste (è attuale vice-direttore di RaiUno). Ma anche Giuseppe Carboni, ora Tg2 e ben visto dai grillini, viene visto in pista. Per non dire (centrodestra) di Paolo Corsini.

La pervicacia con cui la Lega punta, e probabilmente con successo, sulla direzione della testata regionale - cruciale per avere potere e consensi sui territori - sta creando malumori in M5S, che chiede compensazioni forti. Anche se, al contrario del Carroccio, ha pochi fedeli da piazzare e non si fida troppo dei riciclati. Per la TgR la sfida è a tre, tutti del Nord e graditi alla Lega: Alessandro Casarin (in vantaggio), Maurizio Losa (volto storico delle cronache milanesi su Mani Pulite) e Roberto Pacchetti.

Giovedì si apre il rodeo.

E il giorno prima sarà tutta da godere l'audizione, che precede il voto, di Foa in Vigilanza. Non sarà una formalità. Le domande, specie di Leu e Pd, si preannunciano toste e Foa si sta preparando a raccontare se stesso e soprattutto la sua idea di servizio pubblico e la sua visione industriale e culturale dell'azienda.

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