Tatafiore: «La fontana dimenticata schiaffo alla mia dignità»

Tatafiore: «La fontana dimenticata schiaffo alla mia dignità»
di Ugo Cundari
Venerdì 5 Ottobre 2018, 22:37 - Ultimo agg. 6 Ottobre, 15:31
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Ernesto Tatafiore è venuto a sapere dell’esatta collocazione della sua opera d’arte Itaca solo dopo averla letta su Il Mattino. Lo chiedeva da più di un mese, e insieme a lui negli ultimi giorni si era unita anche la Sovrintendenza, ma nessuno aveva mai ricevuto una risposta. In questa «ricerca della fontana rimossa» si era dato da fare anche l’avvocato di Tatafiore, per difendere i diritti dell’autore dell’opera. Evidentemente questi sforzi non sono valsi a nulla, visto che la fontana è stata «messa in custodia» in un’area dismessa della Mostra d’Oltremare, dove chiunque può accedere.

Tatafiore ma il Comune non si era scusato con lei?
«A parole, sì. Abbiamo avuto un incontro informale con un assessore di cui non voglio fare il nome e alcuni dirigenti del Comune che si sono scusati per la rimozione non concordata dell’opera il primo settembre da via Scarlatti. Dopo le scuse ho chiesto di sapere dove fosse stata trasportata la fontana, e mi hanno detto che non lo sapevano. Insomma scuse di facciata, nessun atto concreto».

Chi ha voluto questa rimozione e questo silenzio sul luogo dove era stata portata la fontana?
«Il dirigente che ha firmato la carta che ha fatto partire l’ordine esecutivo velocissimo è Fabio Pascapè, della direzione centrale Patrimonio del Comune. A lui abbiamo chiesto dove fosse l’opera ma inutilmente».

Cosa risponde a chi è convinto che ormai l’opera è stata donata e lei non ha più diritto di occuparsene?
«Chi sostiene una cosa del genere, chi dice che un artista ha l’idea e poi non ha più diritto di occuparsi né della sua realizzazione né del destino che prende l’opera, dovrebbe solo studiare di più».

Adesso come si muoverà?
«Intanto aspetto ancora di ricevere comunicazione ufficiale sulla collocazione di Itaca, così da poter effettuare il sopralluogo e quantificare i danni. Ho paura che più tempo passa e più aumentino i danni».

Già sa che la fontana è stata danneggiata?
«Dalle foto pubblicate su Il Mattino non è difficile notare che manca il pennacchio che fuoriusciva dal cono del Vesuvio. Lasciarla così è uno schiaffo alla mia dignità e contraddice ogni minimo dovere di cura. Non è prassi da seguire per un’opera d’arte, fermo restando che non c’era nessuna urgenza di restauro e manutenzione. Chiederemo i danni anche di immagine».

Intanto qualcuno sta raccogliendo firme per non far tornare la fontana a via Scarlatti.
«La mia opera è stata al centro di molte polemiche fin da quando fu inaugurata nel 1999, questo mi ha sempre dimostrato che ci avevo visto giusto. Un’opera d’arte è tale quando provoca, crea dibattito, insomma sveglia dal sonno coscienze assopite e abituate solo a guardare la televisione passivamente. E poi quante firme sono state raccolte? Poco più di un migliaio, il Vomero conta cinquantamila abitanti, via Scarlatti è attraversata ogni giorno da altre migliaia di persone di altri quartieri».

Non si offende neanche per chi ha ribattezzato la sua opera “vasca dei capitoni”?
«Ognuno ha la sua sensibilità, la sua cultura, il suo grado di istruzione».

Sue opere sono esposte in tutto il mondo, da New York ad Amsterdam, se uno di questi musei le chiedesse di prendersi in carico Itaca lei accetterebbe?
«È prematuro parlarne, in queste settimane abbiamo avuto tanti attestati di stima da tutto il mondo. La mia volontà è quella di chiudere questa ignobile vicenda facendo tornare al suo posto naturale Itaca, immaginata per quel punto preciso di quella via precisa di Napoli. Se così non dovesse essere non escludo che possa seguire un’altra destinazione, magari all’estero».
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