Lo spread chiude a quota 303 punti. Borse, Milano maglia nera: -2,43%

Lo spread chiude a quota 303 punti. Borse, Milano maglia nera: -2,43%
Lo spread chiude a quota 303 punti. Borse, Milano maglia nera: -2,43%
Lunedì 8 Ottobre 2018, 09:24 - Ultimo agg. 9 Ottobre, 07:22
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Ancora alta tensione sui mercati per la manovra che si appresta a varare il governo gialloverde con lo spread sopra quota 300 punti base e Piazza Affari in calo di oltre due punti percentuali. Gli investitori sono preoccupati per lo scontro tra Roma e Bruxelles rinfocolato dalla lettera con cui venerdì sera la Commissione europea ha espresso al Governo italiano i suoi timori per le previsioni di deficit contenute nella Nota di aggiornamento al Def.

«Se volessi pensare male direi che dietro lo spread di questi giorni c'è una manovra di speculatori alla Soros che puntano al fallimento di un Paese per comprare le aziende sane rimaste, a prezzi di saldo. A nome del governo dico che non toneremo indietro. Chi vuole speculare sull'economia italiana sappia che perde tempo». Lo ha detto il vicepremier e ministro dell'Interno, Matteo Salvini a un convegno dell'Ugl «Crescita economica e prospettive sociali in un'Europa delle Nazioni», alla presenza di Marine Le Pen. «Riguardo allo spread a 300 vorrei dire che siamo di fronte allo scontro tra economia reale e quella virtuale, tra vita vera e realtà finanziaria. Se volessi pensare male crederei che c'è chi agita lo spread perché torna l'Italia che cresce e non è quella che svende le sue aziende», ha aggiunto il vicepremier.

L'impennata dello spread registrata oggi, con il differenziale tra Btp e Bund tedeschi salito fin quasi a 310 punti base per poi chiudere a 303, segna un nuovo massimo da oltre cinque anni. Era infatti dall'aprile del 2013 che la forbice tra i bond governativi di Italia e Germania non segnava un differenziale tanto ampio. I rendimenti dei Btp decennali, che in mattinata hanno toccato un massimo del 3,62%, sono invece ai livelli più alti dal febbraio del 2014.

Piazza Affari termina in calo del 2,43%, maglia nera in Europa. Il rialzo dello spread affossa ancora le banche (Banco Bpm la peggiore con un meno 6,47%). Male anche Intesa Sanpaolo -3,26%, Banca Mediolanum -3,34%, Unicredit -3,56%, Banca Generali -4,46%, Mediobanca -4,67% e Ubi Banca -4,94%. Giù anche Telecom (-1,96%), che si è di nuovo avvicinata ai minimi in area 0,47 euro già toccati la scorsa settimana (livelli che le azioni del gruppo di tlc non vedevano dall'estate del 2013): pesano le indiscrezioni secondo cui il Governo starebbe valutando di anticipare gli incassi delle aste 5G, di recente chiuse, avvicinando le rate distribuite fino al 2022 e per adesso concentrate soprattutto nell'ultimo esercizio.

In discesa anche i titoli del comparto del lusso (Moncler -4,75% e Ferragamo -3,71%), penalizzati da un lato dagli incassi dopo i guadagni della settimana scorsa e dall'altra dal cattivo andamento del comparto, soprattutto in Francia (a Parigi Kering -1,91%, allungando la serie negativa che dura già dalla settimana scorsa). Fuori dal listino principale, si è distinta Astaldi (+12,82%, in controtendenza rispetto al mercato): il mercato sembra dare chance di riuscita al piano di salvataggio allo studio da parte dell'azienda con creditori e potenziali nuovi investitori.

Sull'indice Ftse Mib l'unica in rialzo è stata Recordati (+0,54%), titolo tipicamente difensivo, mentre hanno retto le utility e Luxottica (-0,74%), in attesa dell'Ops, ultimo capitolo dell'aggregazione con Essilor.

In Europa, hanno chiuso in calo Parigi (-1,1%), Francoforte (-1,36%), Madrid (-0,55%) e Londra (-1% circa), dopo il forte ribasso della Borsa cinese e i timori legati allo scontro commerciale Usa-Cina. 

L'euro intanto torna sotto quota 1,15 dollari, a 1,1473 dollari (1,1524 alla chiusura di venerdì). Anche la moneta unica è appesantita dal braccio di ferro tra Roma e Bruxelles sulla manovra finanziaria, con la lettera di bocciatura dell'Ue del Documento di Economia e Finanza predisposto dal Governo di Giuseppe Conte. Ma la divisa europea paga anche il progressivo apprezzamento del dollaro sulla prospettiva di un'accelerazione del rialzo dei tassi Usa.

 

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