Rifiuti, la battaglia del greco di tufo:
un impianto biodigestore tra i vigneti

Rifiuti, la battaglia del greco di tufo: un impianto biodigestore tra i vigneti
di Livio Coppola
Martedì 16 Ottobre 2018, 07:00 - Ultimo agg. 12:04
4 Minuti di Lettura
Un impianto per il trattamento dei rifiuti a due passi dai vigneti del Greco di Tufo. Un progetto ad oggi fermo sulla carta, ma già foriero di una battaglia a sfondo ambientalista che divide le piccole comunità al confine tra Irpinia e Sannio.

Siamo a Chianche, sul versante collinare della Valle del Sabato. Un centro da nemmeno 500 abitanti, affetto da spopolamento progressivo al pari di tanti altri piccoli comuni della provincia avellinese. Il borgo antico è quasi demograficamente azzerato, la popolazione si divide tra diverse frazioni. La stazione ferroviaria di Chianche Scalo e a metà strada rispetto a Ceppaloni, comune sannita confinante, ed è l'unico punto di collegamento per chi si reca a studiare o a lavorare ad Avellino o Benevento. Serviva una scossa per ridare linfa vitale a un paesino oggettivamente a rischio scomparsa, e non si può dire che non sia arrivata. Ma con qualche controindicazione.
 
L'idea è venuta al sindaco Carlo Grillo, architetto e militante Pd, che due anni fa ha deciso di rispondere al bando con cui la Regione chiedeva a tutti i Comuni campani la disponibilità ad ospitare nuovi impianti per lo smaltimento dei rifiuti organici. Poche, a suo tempo, le risposte giunte dai territori, con le amministrazioni storicamente poco avvezze a mostrarsi interessate all'affaire spazzatura, mai conveniente dal punto di vista del consenso locale. Sprezzante del pericolo, Grillo ha trasmesso ogni carta utile a Palazzo Santa Lucia, avviando successivamente la fase di progettazione per un biodigestore capace di trasformare in compost oltre 30mila tonnellate all'anno di frazione umida, una quantità pari quasi all'intero fabbisogno della provincia di Avellino, che oggi possiede solo un piccolo impianto di compostaggio (da massimo 6mila tonnellate) a Teora, in Alta Irpinia. L'anno scorso, dopo la rinuncia della Regione a realizzare un impianto analogo nell'area industriale di Pianodardine (tra Avellino e Hinterland, sempre in piena Valle del Sabato), Chianche è sostanzialmente rimasto l'unico luogo formalmente disponibile a trattare ex novo l'organico in provincia. Nessun ostacolo burocratico, dunque, per andare avanti con il progetto.

Ma il sindaco, in modo eccessivamente ottimistico, non aveva fatto i conti con l'ira dei movimenti ambientalisti, che sull'intera Valle del Sabato da anni promuovono una battaglia per dimostrare una correlazione diretta tra inquinamento e tumori, ma anche dei Comuni confinanti e, soprattutto, delle centinaia di produttori vitivinicoli che, in linea d'aria, a pochi metri dal luogo immaginato per l'impianto, la zona Pip (Piano insediamento produttivo) di Chianche, danno vita ad uno dei più pregiati ed importanti vini della Campania e del meridione: il Greco di Tufo, notoriamente a marchio Docg (Denominazione d'origine controllata e garantita). Negli ultimi dodici mesi, quando si è compreso che il progetto del biodigestore fosse ormai in stato avanzato, si è sollevato un fronte ogni giorno più ampio contro la realizzazione. I centri limitrofi, da Altavilla Irpina alla stessa Tufo, hanno promosso iniziative pubbliche insieme a comitati e associazioni per alimentare il più classico dei fronti del no, mettendo però al centro della protesta non tanto i rischi per la salute dei cittadini (l'area individuata è pressoché disabitata) ma quelli per un comparto delicato come quello dei vigneti, che verrebbe danneggiato sia dal punto di vista dell'immagine che da quello ambientale, soprattutto per il futuro transito di camion su strade sostanzialmente di campagna. Mentre si tentava la carta del ricorso al Tar, poi respinto dai giudici di Salerno, il fronte del no si è organizzato in modo trasversale, coinvolgendo produttori di vino famosi come Piero Mastroberardino e persino gli stessi consiglieri regionali di maggioranza, dal demitiano Maurizio Petracca alla presidente dell'assemblea Rosetta D'Amelio, che di fatto hanno rinnegato la linea della giunta dichiarandosi contrari all'impianto. L'apice della protesta si è raggiunto lo scorso 15 settembre, con un mega-corteo ambientalista da mille persone (e finanche cento trattori) che da Pianodardine marciò fino al confine con Chianche al grido di Salviamo l'Irpinia.

Poco dopo la manifestazione il vice governatore Fulvio Bonavitacola si disse disponibile a valutare sedi alternative per l'impianto per l'umido, che in ogni caso in Irpinia va costruito, per renderla finalmente autonoma nello smaltimento. Ovviamente, di alternative, per ora nemmeno l'ombra. E soprattutto Grillo, primo cittadino di Chianche, non ha alcuna intenzione di fare passi indietro. Ma intanto la situazione si è complicata dal punto di vista giudiziario. Ad inizio settimana, infatti, i Carabinieri forestali di Avellino hanno sequestrato, su disposizione della Procura di Benevento, 600 metri quadri della zona Pip di Chianche, adiacenti proprio all'area in cui dovrebbe sorgere il biodigestore. Nel mirino degli inquirenti, due cassoni in cui, senza autorizzazione, il Comune depositava i rifiuti ingombranti. Una brutta botta per l'amministrazione, arrivata dopo che il ministro per l'Ambiente Costa, ospite due sabati fa di un convegno a Santa Lucia di Serino, aveva premesso di «non avere poteri in materia», per poi affermare che un impianto in una zona come quella del Greco «non lo farebbe». Ma Grillo non ci bada e va avanti sul progetto. Evidentemente, la battaglia sui rifiuti all'ombra dei vigneti del Greco è solo all'inizio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA