Vomero, l'invasione dei cinesi:
25 negozi, addio insegne storiche

Vomero, l'invasione dei cinesi: 25 negozi, addio insegne storiche
di Giuseppe Crimaldi
Lunedì 22 Ottobre 2018, 22:59 - Ultimo agg. 23 Ottobre, 09:59
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L’offensiva è stata lanciata quasi in sordina. Zitti zitti, in punta di piedi, i cinesi stanno conquistando il Vomero. Commercialmente parlando, il 2018 è veramente stato l’anno del Dragone: nella sola zona collinare si contano oggi almeno 25 negozi di grande superficie. Un boom che nasconde una precisa strategia di grandi investimenti.

GLI INVESTIMENTI
Sia chiaro: in un’economia sana, non inquinata e liberamente concorrenziale, nulla di male c’è nel guadagnare fette di mercato. Eppure un dubbio resta: com’è possibile che vengano movimentati capitali anche ingenti (per farsi un’idea basta dare un’occhiata ai costi di un affitto mensile per locali commerciali al Vomero) senza destare un sospetto? Il mondo imprenditoriale cinese è in espansione, e si vede. La vera notizia - oggi - è che dopo essersi impiantati stabilmente in aree a vocazione industriale della città come quella compresa tra Poggioreale e Gianturco, quell’impero economico inizia a divorarsi fette importanti di Arenella e Vomero, che con Chiaia restano le «locomotive» commerciali di Napoli. Sabato scorso a due passi da piazza Muzii è stato inaugurato l’ultimo megastore; centinaia e centinaia di metri quadri fino a prima dell’estate occupati da una nota catena di supermercati nazionale. Viene da chiedersi, allora, come mai una vera e propria holding della grande distribuzione debba capitolare e, al suo posto, arrivi un’anonima società orientale. I negozi cinesi al Vomero-Arenella sono tanti, come documentano anche le immagini che vedete in pagina. La fioritura di magazzini che trasformano anche la zona collinare in una succursale della Chinatown di Gianturco è tale da determinare persino una concorrenza «interna». È cosa nota che l’apertura di un fornitissimo punto vendita nella centralissima via Bernini - a soli pochi passi da piazza Vanvitelli - ha finito per determinare la chiusura di un altro ipermercato, ovviamente cinese, in via Kerbaker. Insomma, à la guerre comme à la guerre.

LA RISTORAZIONE
Inutile dire, poi, che l’espansione che sa di invasione del mercato cinese a Napoli non risparmia nemmeno il settore della ristorazione. La nouvelle vague del gusto dettata dal «fenomeno sushi» ha imposto ai vecchi ristoranti che servivano anatre laccate a buon mercato e riso alla cantonese hanno dovuto riciclarsi. L’effetto è che, dietro le insegne di locali che dovrebbero servire piatti della cucina nipponica alla fine ci sono sempre loro: i cinesi. E anche da questo punto di vista al Vomero è tutto uno spuntare di locali. 

 

L’ANALISI
«Ciò che sta succedendo al Vomero - dichiara il presidente del Centro commerciale Vomero, Enzo Perrotta - è la conseguenza di una situazione che andiamo denunciando da tempo: di fronte ai lauti compensi offerti i proprietari degli immobili non ci pensano su due volte e cedono; lo fanno senza pensare a quanti danni determinano alla rete commerciale esistente». Ma c’è di più, e Perrotta non usa giri di parole per affermare che si tratta di concorrenza sleale: «Negli ultimi 8 anni abbiamo visto chiudere 786 esercizi commerciali, storici e non». Ed è proprio così. Qualcuno ha anche cercato di ridimensionarsi a causa dell’alto costo dei fitti e per spese di gestione troppo onerose per il sensibile calo di fatturato. Tanti altri hanno alzato bandiera bianca.

LE INDAGINI
Di fronte a un fenomeno di tale vastità è naturale che su tutta una serie di operazioni finanziarie si puntino i riflettori della Guardia di Finanza. Indagini in corso, coperte - com’è giusto e normale che sia - dal segreto istruttorio. Ma dietro un vorticoso giro di contanti, e di fronte a situazioni che prefigurano se non altro il sospetto della pur sempre efficacissima tecnica della valigetta ventiquattr’ore piena zeppa di banconote da 500 euro, qualche sospetto diventa più che legittimo. Quattro anni fa fu un ex consulente aziendale - Vincenzo Imperatore - a denunciare nel suo libro «Io lo so e ho le prove» che la sola filiale di una grande banca nella zona di Gianturco collezionò qualcosa come 7000 segnalazioni in un anno di versamenti contanti superiore ai 5000 euro. A muovere quella montagna di soldi erano proprio i cinesi.
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