Midterm, Trump apre la resa dei conti: via il ministro della Giustizia

Elezioni Midterm, Trump: giorno incredibile, risultati oltre le attese
Elezioni Midterm, Trump: giorno incredibile, risultati oltre le attese
di Anna Guaita
Mercoledì 7 Novembre 2018, 18:07 - Ultimo agg. 8 Novembre, 15:37
4 Minuti di Lettura

NEW YORK Donald Trump non accetta le mezze misure. Il risultato elettorale di martedì è stato una vittoria dei democratici, che hanno riconquistato la maggioranza alla Camera e strappato ai rivali repubblicani sette seggi di governatori. Ma il presidente sceglie di leggere solo il fatto che il suo partito ha conservato e rafforzato la propria maggioranza al Senato, e dichiara vittoria a 360 gradi. Non fa analisi introspettive, come sono soliti fare i presidenti americani quando ricevono la brutta notizia di aver perso una delle due Camere, e invece tiene una chilometrica e tesissima conferenza stampa, per celebrare lo «stupendo successo». Questo non vuol dire che non sia sul piede di guerra: nel primo pomeriggio di ieri annuncia il licenziamento del ministro della Giustizia Jeff Sessions, uno dei suoi primi sostenitori che si è però macchiato della colpa di voler tutelare l'inchiesta del Russiagate condotta dal procuratore speciale Robert Mueller. Si ipotizza che il presidente voglia alla guida della Giustizia qualcuno che gli sia più fedele, soprattutto ora che la Camera passa ai democratici, che hanno promesso di proteggere Mueller e la sua indagine sulle interferenze russe durante la campagna elettorale del 2016.

ELEZIONI MIDTERM, TUTTI I RISULTATI





LA LITE
Dunque Trump rimane fedele al suo carattere autoritario e provocatorio, che lo ha effettivamente ben servito nel confermare la maggioranza senatoriale. Nel corso della conferenza stampa litiga apertamente con i giornalisti e fa pesante ironia sui repubblicani che non hanno accettato il suo aiuto alle elezioni e sono stati sconfitti. Per questo, quando sembra offrire una mano tesa ai democratici, pochi pensano che sia sincero fino in fondo. Davvero si può credere che Trump sarebbe pronto a riorientare il suo governo e a scendere a compromessi con il partito che fino a ieri definiva un «partito di criminali» e che lo ha sconfitto con uno scarto di 8 punti percentuali nel voto popolare? Lo dichiara lui stesso ai giornalisti, proponendo anche i temi su cui lui e i democratici di Nancy Pelosi potrebbero trovare «terreno comune»: «Le infrastrutture, l'ambiente, i costi dei medicinali, il commercio elenca sorridendo -. Questi sono temi che interessano anche ai democratici, e se verranno da noi con dei piani, noi negozieremo».

LE INDAGINI
Ma il ramoscello d'ulivo prende fuoco quando i giornalisti gli chiedono se questo mutamento di rotta varrebbe anche se le Commissioni della Camera, dal 20 gennaio in mano democratica, cominceranno ad avviare inchieste sulla sua Amministrazione: «No, allora ogni speranza di governare si fermerebbe dichiara -. E sarà colpa loro. Se cominciano delle indagini, le cominceremo anche noi su di loro. Io sono più bravo a quel gioco». Per Trump l'unica possibilità è dunque il tutto o niente. Ma dal 20 gennaio si troverà alla Camera una maggioranza di 229 democratici contro 206 repubblicani. Questi erano i calcoli mentre ancora la conta di alcuni seggi stava continuando ieri. Poi qualche dettaglio in più, nella notte ha fatto emergere un verdetto: i dem hanno stravinto le elezioni di Midterm per la carica di governatore in 36 dei 50 Stati, strappandone sette (sei ai repubblicani e uno ad un indipendente). Ora controllano 23 Stati, contro i 26 in mano ai Gop. E resta da assegnare solo la Georgia, dove la candidata dem Stacey Abrams non ha ancora concesso la vittoria al repubblicano Brian Kempt.

È vero che Trump avrà dalla sua il Senato, con una maggioranza di 54 a 46, che gli permetterà di continuare a dettar legge nel settore della conferma dei giudici federali e della Corte Suprema, ma dovrà fare i conti con Mueller.

IL CONO DI SILENZIO
Il procuratore speciale ha rispettato il cono di silenzio previsto a ridosso di elezioni, ma tutti si aspettano che ora torni a galla, con nuove incriminazioni. Proprio ieri la rivista New York anticipava che si aspetta una incriminazione del figlio maggiore di Trump, Don, per aver mentito sotto giuramento all'Fbi. Non è escluso che la fretta con cui è arrivato il licenziamento di Sessions sia proprio legata alla preoccupazione crescente di Trump, e che si preparino altri suoi passi per ostacolare, o congelare il lavoro di Mueller.

© RIPRODUZIONE RISERVATA