Sud, l'esercito dei desaparecidos:
800mila giovani senza un diploma

Sud, l'esercito dei desaparecidos: 800mila giovani senza un diploma
di Nando Santonastaso
Domenica 11 Novembre 2018, 11:44 - Ultimo agg. 22:08
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Dice Bruno Scuotto, l'imprenditore napoletano presidente di Fondimpresa, il più importante Fondo interprofessionale per la formazione continua in Italia, che «più che chiamarli neet, i giovani che abbandonano gli studi e non vogliono riprenderli bisognerebbe definirli desaparecidos». Al netto della citazione, Scotto mette il dito nella piaga dopo che anche la Svimez, uniformandosi all'analisi di Srm e Confindustria, ha rilanciato l'allarme per i troppi studenti meridionali che lasciano la scuola superiore senza ricomparire, però, nelle classifiche degli occupati. Che fine fanno e dove si possono seguire le loro tracce sociali e lavorative? Domande tanto antiche quanto senza risposte precise sul piano statistico. Di sicuro se per molti di essi l'alternativa è tra emigrazione e inoccupazione, non stupisce il fatto che continua ad essere enorme la quota di giovani meridionali iscritti al portale dei neet, istituito dal programma europeo Garanzia giovani. Sono il 37,2% del totale e l'aspetto preoccupante è che questa quota non si abbassa mai.

Scrivono i curatori del Check up Mezzogiorno 2018: «Quasi 800mila di loro non hanno alcun titolo di studio o hanno al più la licenza elementare o media ma sono ben 200mila quelli che al contrario hanno un diploma di laurea, a testimonianza di un significativo sottoutilizzo dell'investimento formativo». Insomma, «la qualità e l'efficacia del sistema formativo al Sud si confermano come uno dei fattori di mancata competitività che pesa di più». Difficile, di conseguenza, non essere d'accordo con Scuotto quando ripete che «la dispersione scolastica denunciata a Napoli corrisponde a quella di Brescia: ma mentre a Brescia i giovani trovano conveniente e possibile andare a lavorare anche senza completare gli studi, a Napoli i nostri studenti scompaiono».

I NUMERI
Trecentomila desaparecidos, appunto, dice la Svimez, nascosti tra lavori al nero, attrazioni malavitose, sfiducia fino al disinteresse nell'attuale sistema scolastico e formativo chi più sa più ne metta.

IL DRAMMA
Per restare sui numeri, l'ultimo rapporto di Tuttoscuola dello scorso settembre dimostra che in 20 anni si sono persi oltre 3 milioni di studenti in tutta Italia ma che il record della dispersione è interamente al Sud, con il triste primato conteso (si fa per dire) da Sardegna e Campania. Dei 590mila adolescenti che hanno iniziato l'attuale anno scolastico si calcola che almeno 130mila non arriveranno al diploma e la maggior parte di essi vive al Sud, isole in testa. Un fenomeno complesso, certo, che rischia di far passare in secondo piano anche importanti tentativi di invertire la rotta dimostrando che l'incontro tra domanda e offerta di lavoro qualificato non è affatto impossibile anche al Sud se scuola, impresa ed enti pubblici remano dalla stessa parte. L'altro giorno, ad esempio, a Pomigliano è stato inaugurato il primo percorso in Campania di specializzazione tecnica post diploma Its per il settore della meccatronica, più specificamente finalizzato a creare nuove professionalità in settori strategici per l'economia regionale come l'automotive e l'aerospazio. In campo Regione, Comune, sistema scolastico, aziende: «Le possibilità di trovare lavoro subito dopo aver terminato questo percorso è pari al 96%. Per farla diventare una svolta a tutta gli effetti nella formazione occorrerebbe diffondere più informazioni sugli Its ma qui scontiamo ancora troppi ritardi. E i diplomati restano all'oscuro», dice ancora Scuotto.

 

IL GAP
Il guaio è, come documentano i dati e lanalisi del Rapporto Svimez, che anche arrivare al diploma di scuola secondaria superiore sta diventando un problema. Il Mezzogiorno ha la quota più bassa di popolazione adulta con livello di istruzione elevata e la quota più bassa di giovani con istruzione universitaria. «Risultati negativi peraltro destinati a non invertirsi in tempi brevi se si considera che la spesa pubblica per istruzione incide sul Pil per il 4% a livello nazionale, con un valore ben più basso di quello medio europeo (4,9%) relegando l'Itala al terz'ultimo posto in Europa insieme alla Bulgaria», si legge nel Check up Mezzogiorno. «C'è un problema di convergenza interrotta nella scolarizzazione al Sud mentre crescono a vantaggio del Centronord i divari di competenze», spiega Luca Bianchi, direttore della Svimez. E aggiunge: «Di fronte ad una organizzazione scolastica fortemente centralizzata, con programmi, orari e metodologie uguali in tutta Italia, emerge che la qualità degli apprendimenti diminuisce in maniera sensibile da Nord a Sud. Il problema non è la spesa per studente che è sostanzialmente omogenea nel Paese: pesano al Sud fattori specifici, come la disoccupazione, l'alto tasso di povertà, la mancanza di servizi pubblici efficienti che rendono il compito della scuola più complesso e difficile di altre zone del Paese». Resta però il divario per le competenze: il 34% degli studenti delle regioni meridionali non raggiunge il livello minimo di competenze matematiche, valore che è più del doppio di quello rilevabile al Centronord.
Peraltro, come spiega il Rapporto Svimez, non tutti quelli che abbandonano gli studi precocemente nelle regioni meridionali diventano occupati nel senso pieno della parola, cioè tracciabili sul piano statistico. Al contrario sono una minoranza pari al 22% mentre al Centronord raggiungono quasi il 50% pur scontando in questo caso un più basso livello di istruzione. Morale: «Visti i vantaggi sul piano occupazionale nel conseguire ameno un diploma di scuola superiore, l'abbandono scolastico si dimostra in ogni caso un ostacolo seriamente penalizzante». Non è un caso che il tasso di povertà sempre molto elevato al Sud sia al massimo proprio nelle classi di età più giovani: il 35%, ad esempio trai 35 e i 44 anni.
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