Il sovrintendente Garella: «Metrò, il Plebiscito resta la soluzione migliore»

Il sovrintendente Garella: «Metrò, il Plebiscito resta la soluzione migliore»
di Pierluigi Frattasi
Mercoledì 14 Novembre 2018, 07:00 - Ultimo agg. 14:23
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«Sulle grate al Plebiscito decideremo nel giro di una decina di giorni. È un tema importante e non credo che si possano tenere in sospeso per mesi enti, stazioni appaltanti e società. Aspettiamo di leggere le carte che saranno trasmesse dal Comune. E contiamo di arrivare in tempi rapidi alla conclusione». È chiaro il sovrintendente Luciano Garella, che in questi giorni è fuori città e non ha ancora potuto visionare il dossier realizzato da Metropolitana di Napoli e Ansaldo Sts e consegnato lunedì a Palazzo San Giacomo. «Confidiamo - spiega - che le società abbiano impiegato questi 20 giorni per meglio definire gli elementi di contorno che sono stati già alla base della prima autorizzazione. Aspettiamo di vedere gli approfondimenti, le relazioni e i grafici integrativi, prima di poterci esprimere». Costi esorbitanti, tempi e ingombri moltiplicati, impatto archeologico e rischi geologici, oltre a numerose interferenze con i sottoservizi, i motivi principali contenuti nel dossier che sconsiglierebbero, secondo i tecnici, la localizzazione della camera di ventilazione del metrò della Linea 6 in Largo Carolina e giocherebbero, invece, a vantaggio di piazza del Plebiscito, dove si trovano già le cavità realizzate negli anni '90 per l'ex Ltr, individuata come unica soluzione percorribile. «Non conosco i documenti - ribadisce Garella - ma è comprensibile che i tecnici sottolineino come utilizzare dei locali già esistenti, anziché scavare un pozzo ex novo, sia più sicuro».

Sovrintendente, quali sono i prossimi passi?
«Valuteremo i documenti. Non è escluso che possano essere sottoposti anche all'attenzione della Direzione generale del Mibac. Per come si è determinata, si tratta di una procedura singolare, che si decide in corso d'opera».
 
Secondo gli esperti, tenere il cantiere nell'emiciclo del Plebiscito è la soluzione meno impattante. Che ne pensa?
«Faccio solo una riflessione. Io credo che si debba cominciare a parlare una lingua comune. A volte si parla genericamente di basolato da tutelare. Ma il basolato è caratterizzato da un preciso tipo di materiale, con una precisa posa in opera. Quello di piazza del Plebiscito non lo è. È una pavimentazione posata ad opera incerta, con degli elementi lapidei che possono essere o meno della medesima provenienza o con le stesse caratteristiche. Ma non si può chiamare basolato, che è quello che si vede nelle strade romane o nel centro storico di Napoli. Una parte dell'emiciclo è fatta di grandi lastre e un'altra parte è fatta di pezzi di pietre che hanno preso il posto di precedenti asfalti».

Tra i vari motivi sollevati nel dossier, c'è quello dell'impatto archeologico, perché i lavori a Largo Carolina richiederebbero nuovi sondaggi.
«È una delle motivazioni che sono già state opportunamente valutate nel momento in cui abbiamo guardato la proposta per la prima volta. Che ci sia un incontestabile elemento migliorativo con piazza del Plebiscito, dove c'è già un volume a disposizione e non è necessario fare alcuna ricerca ulteriore, come invece toccherebbe fare per Largo Carolina, credo sia quasi lapalissiano».

Viene addotto, poi, un motivo di sicurezza. I cantieri a ridosso della Prefettura, avendo una minore profondità, rischierebbero di interferire con le fondamenta dei palazzi e i sottoservizi.
«Anche questo è stato già valutato positivamente. È chiaro che al Plebiscito c'è già una cavità regolarmente eseguita con pareti in cemento armato che può essere utilizzata».

Nel dossier si evidenzia che in piazza esistono già tombini e chiusini posti anni addietro. Come si spiega le attuali proteste sulle griglie?
«Bisognerebbe chiederlo a chi ha sollevato questo clamore. Ho appreso che nella piazza ci sarebbe anche un ricovero per uno schermo cinematografico. Mi chiedo perché non si sia protestato all'epoca con la stessa solerzia».

Forse la piazza allora non era ancora vincolata?
«Era sempre uno spazio pubblico, vincolato ope legis».

Comitati e associazioni hanno chiesto un confronto con lei in questi giorni?
«No, nessuno mi ha cercato. Ho incontrato formalmente solo il consigliere regionale Francesco Borrelli, con il quale c'è stato un sereno confronto. Dai comitati abbiamo ricevuto lettere ed email, che però non sono documenti ufficiali».

Anche i lavori sulla Galleria Umberto I sono bloccati. Sul lato dell'Angiporto la pitturazione doveva partire oggi, ma i condomini lamentano di non aver ricevuto indicazioni chiare dalla Sovrintendenza.
«Lo mettano nero su bianco e risponderemo in modo formale. Ci sono atti incontrovertibili. Noi abbiamo dato tutte le indicazioni anche operative e concesso più di un anno fa le autorizzazioni per mettere i teloni pubblicitari che sono stati esposti, e che non servono a fare affari, ma a pagare i restauri. Per un anno non ho visto operai sui ponteggi. Se i lavori autorizzati non sono stati fatti allora significa che c'è qualcosa che non va. Siamo fiduciosi che si ottempererà a breve. Altrimenti ci sono gli strumenti amministrativi per procedere».
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