Papa Francesco a fianco degli ucraini per ricordare il genocidio staliniano, l'Holodomor

Papa Francesco a fianco degli ucraini per ricordare il genocidio staliniano, l'Holodomor
di Franca Giansoldati
Domenica 25 Novembre 2018, 18:28 - Ultimo agg. 26 Novembre, 10:06
3 Minuti di Lettura
Città del Vaticano – «L’Ucraina ha commemorato l’anniversario dell’Holodomor, la terribile carestia provocata dal regime sovietico che causò milioni di vittime. L’immagine è dolorosa». Papa Francesco all'Angelus ha ricordato «l’immane ferita del passato» esprimendo il desiderio che per Kiev arrivi la pace tanto desiderata. Papa Bergoglio non ha fatto altri altri riferimenti, non ha menzionato al ruolo della Russia che nel 2014 ha invaso la Crimea, sotto la spinta indipendentista (la stragrande maggioranza degli abitanti di etnia russa è a favore dell'indipendenza). Il Papa si è però associato commosso alle commemorazioni di quello che viene definito il genocidio degli ucraini causato dalla sconvolgente carestia venuta alla luce solo con gli ultimi decenni di ricerche storiche e di archivio.

Finora l’opposizione di Mosca ha impedito alle Nazioni Unite di riconoscere ufficialmente questa pagina di storia anche se si parla di 5 milioni di morti: è stata la pagina più nera della collettivizzazione forzata delle campagne, avvenuta tra il 1932 e il 1933. Alcuni storici illustri, come Robert Conquest, ritengono l'Holodomor il più imponente sterminio della storia europea del XX secolo dopo l’Olocausto. In Harvest of Sorrow, uscito nel 1986, Conquest ha documentato il disegno criminale di Stalin che causò la morte per fame di milioni di ucraini, nei primi anni ’30. Da allora il dibattito continua a svilupparsi non tanto sulle cause della carestia, ma se si possa definire «un atto di genocidio», con le implicazioni politiche che ne deriverebbero.

Il primo storico e giurista a definire l'Holodomor un genocidio fu Raphael Lemkin, lo studioso polacco che coniò il termine genocidio e che fece di tutto per inserirlo nel diritto internazionale. La collettivizzazione delle terre voluta da Stalin fu portata avanti per "dekulakizzare" il territorio dai piccoli proprietari terrieri, i kulaki, tanto che i leader sovietici parlavano di come «spezzare la schiena alla classe contadina». Durante la guerra civile che seguì la rivoluzione bolscevica, la classe contadina ucraina, essenzialmente conservatrice e anti comunista, non volle mai sottomettersi al nuovo potere e resistette strenuamente alle armate di Lenin. Prima si opposero alla collettivizzazione, rifiutandosi di cedere il grano, nascondendo le derrate alimentari e uccidendo il bestiame, poi il politburo sovietico decise di requisire tutto quello che possedevano i kukaki, compresi gli animali. Al tempo stesso fu creato un cordone attorno al territorio ucraino per impedire che i contadini potessero fuggire.

Il risultato fu un’immane catastrofe: almeno cinque milioni di persone morirono di fame in tutta l’Urss non a causa del fallimento delle coltivazioni, ma perché furono deliberatamente private dei mezzi di sostentamento. Stalin rifiutò qualsiasi forma di aiuto dall’esterno, e accusò i contadini che stavano morendo di fame di essere loro stessi colpevoli di quanto stava accadendo.  Gli storici fanno riferimento a casi di cannibalismo di persone che uccisero e mangiarono i propri figli. Vi fu anche la totale estinzione di cani e gatti, la scomparsa di interi villaggi. L’Unione Sovietica non riconobbe mai l'Holodomor ma arrivò a manipolare le statistiche demografiche, secondo le quali nel 1937 circa otto milioni di persone risultavano svanite dal Paese. In quel periodo il giornalista inglese Gareth Jones raccontò i fatti.




 
© RIPRODUZIONE RISERVATA