È probabilmente per comprare il suo silenzio che il familiare (si tratta di uno zio acquisito della vittima) era solito riempirla di regalie: non solo soldi, ma anche ricariche e viaggi. In occasione di uno dei primi rapporti sessuali, avrebbe ripagato la minore con la somma di 500 euro. Gli abusi sarebbero durati per almeno cinque anni. Pochi mesi fa, la giovane – che ora ha 20 anni – ha avuto il coraggio di denunciare l’incubo in cui era finita alla Squadra Mobile della questura (sezione Reati contro la persona) e affidandosi al sostegno dell’associazione Donne e Giustizia. A farle urlare il suo dolore è stato un fatto che le ha cambiato la vita: la nascita di sua figlia, un piccina nata proprio – secondo quanto emerso dalle indagini – dalla relazione con l’uomo che l’aveva violentata per tutto il periodo della giovinezza. La paura di perdere la bimba, di continuare a vivere nel buio, il terrore di subire ripercussioni per lei e la piccina l’ha spinta a superare il senso di vergogna per quanto accaduto nel suo passato e a rivolgersi alle autorità.
La vicenda, avvenuta ad Ancona, è finita in procura e da poco sono state chiuse le indagini preliminari con l’accusa di violenza sessuale aggravata. Ora, gli inquirenti hanno in mano tutti gli elementi necessari per – se lo ritenessero opportuno – chiedere il rinvio a giudizio dell’indagato su cui non pende alcuna misura cautelare. È libero, ma la sua vittima è stata messa in sicurezza. Della vicenda si è parlato - in termini molto vaghi, per non far identificare i protagonisti - ieri mattina nell’ambito del convegno “Non saremo più messe a tacere”, organizzato nella sala Albanese della quistura dalle Rsu della Cgil, Cisl e Uil in merito ai temi della violenza di genere e della dipendenza da droghe. Sono intervenute come relatrici il sostituto commissario della Mobile Tiziana Maccari, la presidente di Donne e Giustizia Myriam Fugaro, la criminologa Margherita Carlini, la criminologa e sessuologa Antonella Ciccarelli. Il doppio filone di vittima, da una parte di abusi, dall’altra di tossicodipendenza, riguarda il caso della 20enne. Proprio dal familiare finito nel mirino della procura, la ragazza sarebbe stata indotta ad assumere alcool e a fumare “erba” prima di consumare rapporti sessuali.
Una maniera per abbattere le difese già fragili della ragazza e abusare di lei in un condizione di semi coscienza.
Una situazione simile si è verificata, poco meno di un mese fa, con il caso di via Pergolesi e il ritrovamento da parte della polizia, oltre a un covo dello spaccio, di una 22enne anconetana tossicodipendente, abusata dal suo pusher sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Una delle criticità maggiori per la 20enne è che mai nessuno nel contesto familiare si era accorto del rapporto intimo intercorso tra la minore e l’indagato. Motivo per cui per lei è stato enormemente difficile capire di essere una vittima e che quello che stava subendo erano delle vere e proprie violenze sessuali. Ancora più difficoltoso è stato staccarsi da quella dipendenza che la legava al suo aguzzino. Per farla sentire a un livello diverso alle sue compagne di età e mettere a tacere il loro rapporto illecito, l’avrebbe “comprata” con regali costosi, facendole credere che tutto quello che stavano vivendo fosse normale.