La Scuola Normale Superiore a Napoli, no del sindaco di Pisa

La Scuola Normale Superiore a Napoli, no del sindaco di Pisa
di Mariagiovanna Capone
Giovedì 6 Dicembre 2018, 11:00
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«Questo matrimonio non s'ha da fare, né domani, né mai». La citazione manzoniana ben si adatta alle parole infuocate del sindaco di Pisa, Michele Conti, che si oppone strenuamente al progetto tra Università Federico II di Napoli e Scuola Normale Superiore che prevede l'apertura di una sede della Normale nel capoluogo campano. Un progetto fortemente voluto dal direttore della prestigiosa istituzione universitaria pisana, Vincenzo Barone, e dal presidente Crui Gaetano Manfredi, che guida anche l'Ateneo federiciano, annunciato ormai un anno fa e che sta prendendo vita proprio in queste ore, grazie a un emendamento presentato in commissione Bilancio alla Camera dai relatori Silvana Comaroli (Lega) e Raphael Raduzzi (M5S). «La maggioranza di governo ci ripensi, si ravveda, faccia marcia indietro sull'istituzione di un inutile distaccamento meridionale» le dichiarazioni furiose del sindaco leghista Conti. La sede napoletana arriva dopo quella di Firenze aperta nel 2013.
 
Era ottobre dello scorso anno quando il direttore della Normale di Pisa, Vincenzo Barone, durante l'inaugurazione del nuovo anno accademico espresse il desiderio di dare il via a un progetto che vedesse coinvolta l'Università Federico II. L'idea, condivisa a pieno dal rettore Gaetano Manfredi, era quella di «una Scuola Normale del Sud» che diventasse emblema per tutto il Mezzogiorno della didattica sperimentale dell'istituzione universitaria pisana mescolata all'eccellenza tradizionale e creativa dell'ateneo federiciano. Un connubio perfetto che entusiasmò gli ambienti universitari per questa nuova ambiziosa scommessa capace di rivoluzionare il mondo accademico nazionale e internazionale. Il piano strategico della Scuola è definito da un comitato composto dal direttore Barone, dal rettore Manfredi e da tre esperti di prestigio, ma sugli ambiti disciplinari si sta ancora lavorando: «Si partirà dalla tradizione della Scuola Normale di Pisa - afferma una nota della Scuola - per esplorare nuovi percorsi trasversali, multidisciplinari e innovativi».

Con un po' di ritardo, la Scuola Normale Superiore Meridionale sta nascendo in queste ore con l'emendamento presentato martedì notte, con cui si istituisce sperimentalmente la sede distaccata della Normale, per un triennio, a decorrere dall'anno accademico 2019-2020, negli spazi messi a disposizione dall'Università Federico II di Napoli. Al termine della sperimentazione, la Scuola, previa valutazione positiva dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca e reperimento di un'idonea copertura finanziaria, potrà assumere carattere di stabilità. I fondi a disposizione sono di 8,2 milioni per il 2019, 21,2 milioni per il 2020, 18,9 milioni per il 2021, con stanziamenti fino al 2025 a valere sui fondi Mef. La nascita della Normale Meridionale punta ad «assicurare una più equa distribuzione delle scuole superiori nel territorio nazionale», si scrive nell'emendamento.

Ma il sindaco di Pisa, Michele Conti, in carica da giugno scorso grazie a una coalizione di centro-destra composta da Lega Nord, Forza Italia e Fratelli d'Italia, si oppone al progetto e chiede al governo «di ripensarci». «Non è smembrando una delle eccellenze del mondo universitario di questo Paese che si favorisce la ricerca o la divulgazione delle conoscenze» dichiara. «La maggioranza di governo ci ripensi. La Scuola Normale è nata a Pisa 208 anni fa e qui deve rimanere per continuare a dialogare con il mondo come ha sempre fatto. Credevo finito il tempo in cui ogni città, ogni provincia dovesse avere la propria università, o un pezzo di un istituto di eccellenza. Addirittura dopo un triennio di sperimentazione, potrebbe diventare autonoma, mettendosi di fatto in concorrenza con la stessa sede storica pisana», insiste il sindaco Conti. Da qui l'appello alle forze di maggioranza di governo: «Chiedo di rivedere questa decisione, stralciando l'emendamento in sede di esame della legge di Bilancio al Senato».
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