Ekaterina Bakanova: «Belli e magri, per cantare ci vuole il fisico»

Ekaterina Bakanova, soprano russo
Ekaterina Bakanova, soprano russo
di Simona Antonucci
Sabato 15 Dicembre 2018, 22:04 - Ultimo agg. 22:15
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Nella scuola della sua città, tra la taiga e la tundra dei Monti Urali, quando capisce che la musica sarebbe stata la sua compagna di vita, era troppo grande per potersi iscrivere ai corsi degli strumenti nobili, violino, pianoforte, violoncello. A 12 anni, “ormai” le rimaneva da scegliere tra la balalaika o la fisarmonica. «Meglio la fisarmonica», le consigliò la nonna, «è richiestissima nelle feste, ai matrimoni, se impari a suonarla riuscirai sempre a guadagnarti un po’ di soldini».
Ekaterina Bakanova ubbidì. E disubbidì. Cominciò a studiare anche pianoforte e canto «perché sognavo una vita in giro per il mondo». Arrivò a Mosca («Feci duemila chilometri per partecipare a una selezione»), ma fu Trapani, a cambiarle la vita: vinse il concorso Giuseppe Di Stefano e interpretò la sua prima Gilda, in “Rigoletto”.
Capelli rossi, occhi chiari, bellezza sorprendente, diventa un soprano richiesto nei teatri lirici più prestigiosi e domenica 16 dicembre è la protagonista del Concerto di Natale in Senato, con l’Orchestra Sinfonica della Rai, diretta da Fabio Luisi, vestita di bianco dal giovane stilista italiano Mario Dice, alla presenza delle più alte autorità dello Stato, in diretta su Rai1 alle 12,20.

Ma è vero che subito dopo Trapani ha dovuto lasciare l’Italia per problemi di permesso di soggiorno?
«L’Italia, per noi stranieri, è un Paese un po’ complicato. La burocrazia vince su ogni cosa. Ci sono i maestri più bravi, il patrimonio artistico è insuperabile, ma... Io ho preferito trasferirmi in Austria».

Continua, il nostro Paese, a essere un punto di riferimento nel mondo della lirica?
«Assolutamente sì, anche se le cose sono un po’ cambiate. Ci sono tanti giovani dell’Est con una forza di volontà straordinaria, un desiderio di farcela che diventa quasi rabbia. Arrivano da lontano e vogliono andare lontano».

Per andare lontano, oltre che bravi, oggi bisogna essere anche belli?
«Magri sicuramente. Una regola che vale sia per gli uomini, sia per le donne. La bellezza è un dono in più che Dio può concederti. Ma se non sei in forma, con i registi che ci sono in giro oggi, sicuramente non si può più lavorare. Il mondo è cambiato e mi rendo conto che per certi spettacoli, oltre alla voce, ci vuole il fisico».

Ma lei d’accordo?
«È fuori dubbio che per alcuni ruoli, Violetta, Mimì, Gilda, Lucia, bisogna essere particolarmente convincenti. Ma è anche vero che ci sono molti registi che non conoscono la musica e non sanno quello che fanno. Io forse sono un troppo old fashion, ma preferisco gli allestimenti di tradizione».

È una delle poche cantanti che è riuscita a diventare mamma. Dura?
«Mia figlia è la cosa più bella che ho fatto nella mia vita. È ancora piccola, due anni, la porto sempre con me. E anche mio marito cerca di seguirci. Non è facile. Quando sono rimasta incinta mi hanno costretto a cancellare un sacco di lavori».

E perché? Non ce la faceva?
«No. Volendo si può cantare fino al settimo mese. Forse anche oltre. E ci sono dei registi che richiedono proprio cantanti incinte. Io sono rimasta fuori perché i teatri dove dovevo esibirmi non hanno voluto correre rischi».

Ma è vero che dopo una gravidanza la voce cambia?
«Sì, c’è una rivoluzione ormonale. Bisogna stare molto attente e rimettersi a studiare. Io trovo che la mia, ora, sia più bella».

Introduca i brani che canterà in Senato.
«Un mottetto di Mozart, Exsultate, jubilate, che contiene brani tutti diversi. Una bella prova. E poi l’Ave Maria di Desdemona in Otello di Verdi. Meravigliosa. Lei non ha più paura di morire e prega per il mondo, il debole e il possente, il peccatore e l’innocente».

Cantare in diretta tv le crea un’emozione diversa?
«È un onore essere stata scelta per una cerimonia così importante. Io sono una straniera. È un vanto. Sono contenta di incontrare il maestro Luisi e di entrare nelle case degli italiani. Certo mi fa tremare il cuore. Un conto è essere ripresa mentre sei a teatro, con i costumi, le scene. In un recital sei tu».

Lei si emoziona ancora?
«Se non fossi emozionata sarebbe preoccupante.
Vorrebbe dire che qualcosa non va». 
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