«Moriamo di movida», a Procida
scatta l'sos della Corricella

«Moriamo di movida», a Procida scatta l'sos della Corricella
di Domenico Ambrosino
Domenica 16 Dicembre 2018, 15:10 - Ultimo agg. 17:26
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Più baretti e meno officine marinare, più boutique e ristoranti e sempre meno barche, sempre meno spazi per i pescatori e i loro attrezzi. Cambia pelle la Corricella, antico borgo marinaro di Procida, sotto la spinta delle mode: ma i residenti non ci stanno, e lanciano una petizione popolare. La scintilla che ha fatto scattare la mobilitazione è stata la voce dell'imminente rilascio - in pieno inverno e quindi in un momento in cui l'attenzione è meno alta - di altre concessioni demaniali «per l'uso della banchina a scopo commerciale».

LE COMPETENZE
Spiega Antonio Veneziano, presidente dell'associazione marinara promotrice dell'iniziativa, che alla Corricella c'è nato: «Il nostro appello è rivolto in prima istanza al sindaco Ambrosino e a tutta l'amministrazione comunale. Ma si estende, per le rispettive competenze, anche alla Capitaneria di Porto isolana e alla Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di Napoli. Nuove licenze commerciali per bar e negozi comprometterebbero in modo decisivo la già precaria situazione attuale. C'è, invece, bisogno di una tutela dell'irripetibile patrimonio storico, culturale e ambientale costituito dell'architettura mediterranea del borgo e della sua magica atmosfera di pace e serenità, grazie soprattutto alla presenza degli ultimi pescatori con le ultime quattro saccaleve dediti alla cattura del pesce azzurro. La Corricella dicono i procidani - non può trasformarsi in un assemblaggio di edilizia moderna con negozi, bar, ristoranti che occupano integralmente la superficie della banchina a discapito delle attrattive marinare del borgo. In verità il processo di «commercializzazione» della Corricella è in atto da tempo. Da quando, una ventina d'anni fa, gli abitanti della zona hanno iniziato a lasciare il borgo, vendendo - a caro prezzo - case e magazzini di pesca, per trasferirsi in altre zone dell'isola. «Ora spiega Salvatore Gentile, 39 anni, ex pescatore, mentre riassetta lenze e altri attrezzi che utilizza ancora quando continua a uscire a pesca per diletto siamo arrivati a un punto di non ritorno. Siamo rimasti in pochi. Una ventina di famiglie. È inutile, però, e anche ingiusto, bloccare tutto. È forse necessario un compromesso, limitando e riordinando gli spazi dati in concessione». Michele Mammalella, uno dei pescatori storici della zona, scuote la testa: «C'è anarchia in banchina. Non si capisce quali sono gli spazi dei ristoranti. Bisognerebbe recintarli».

LE RICHIESTE
Di ristoranti a Corricella, a fronte di una lunghezza di banchina di circa 700 metri, se ne contano già otto. Spiega il sindaco Dino Ambrosino: «Abbiamo avuto una valanga di richieste. Ad alcune abbiamo detto no. Bisogna valutare caso per caso se ci sono le condizioni». Peppino Giaquinto, animatore politico- culturale isolano, è drastico: «Abbiamo di recente rilanciato la proposta del giornale locale Procida Oggi, fatta nel lontano 2001, di sottoporre la Corricella alla tutela dell'Unesco, quale bene dell'umanità. È l'unico modo per sottrarla alla banale commercializzazione che ne snatura anima e identità». E intanto Procida sta per perdere anche Vivara. Nel senso che l'isolotto cambia proprietario. Lunedì, infatti, sarà consegnato a Antonio e Francesca Diana, cittadini di Monte di Procida, eredi di quel Domenico Scotto Lachianca che nel 1940 lo aveva donato alla Fondazione ospedale Albano Francescano. Ma i Diana hanno avuto ragione anche dalla Corte d'Appello di Napoli, che ha emesso una sentenza esecutiva in attesa della decisione definitiva della Cassazione.
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