La Manovra non piace alla Cei: dai tagli all'editoria alla cancellazione dell'Ires al settore no-profit

La Manovra non piace alla Cei: dai tagli all'editoria alla cancellazione dell'Ires al settore no-profit
di Franca Giansoldati
Giovedì 20 Dicembre 2018, 16:23 - Ultimo agg. 16:59
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Città del Vaticano – La manovra economica non piace alla Cei. In queste settimane, prima del varo della finanziaria, dai vescovi e dai loro organi di stampa, l’Avvenire in testa, erano filtrate  sommesse lamentele per l’atteggiamento del governo giallo-verde nei confronti dei migranti e del settore dell’editoria, quest'ultimo sottoposto a tagli draconiani, fino ad arrivare ad uno scontro diretto con il ministro Salvini che a Radio Anch'io aveva criticato il contributo assegnato dalla legge anche ad Avvenire. Immediata la replica del direttore Marco Tarquinio: «Se è così attento ai poveri, restituisca i 49 milioni». La delusione però si è fatta sentire soprattutto oggi davanti alla spiacevole novità per il non profit italiano che si vede cancellato lo sconto del 50% sull’Ires, l’imposta sui redditi delle società.

La novità era stata annunciata dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che aveva anticipato la cancellazione della mini-Ires «agli enti non commerciali»: una misura resasi necessaria per recuperare risorse per il Reddito di cittadinanza e Quota 100 alle pensioni, senza incorrere nella Procedura europea.

La misura dovrebbe fruttare 118 milioni. Per capire chi avrà l’Ires raddoppiata dal 12 al 24% bisognerà attendere l’emendamento e la relazione tecnica, ma probabilmente sarà un colpo duro per un’agevolazione riconosciuta a enti considerati meritevoli da quasi mezzo secolo, come gli istituti di assistenza sociale, le società di mutuo soccorso, gli enti ospedalieri, di assistenza e beneficenza, gli istituti di istruzione e di studio, i corpi scientifici, le accademie, le fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, gli enti ecclesiastici, gli Istituti autonomi per le case popolari.

La replica della Cei è arrivata dal segretario monsignor Stefano Russo che ha rotto il silenzio. «Vogliamo sperare che la volontà di realizzare alcuni obiettivi del programma di Governo non venga attuata con conseguenze che vanno a colpire fasce deboli della popolazione e settori strategici a cui è legata la stessa crescita economica, culturale e scientifica del Paese».

Russo non nasconde preuccupazione: «In particolare, se davvero il Parlamento procedesse con la cancellazione delle agevolazioni fiscali agli enti non commerciali (con la soppressione dell’aliquota ridotta Ires), verrebbero penalizzate fortemente tutte le attività di volontariato, di assistenza sociale, di presenza nell’ambito della ricerca, dell’istruzione e anche del mondo socio-sanitario. Si tratta di realtà che spesso fanno fronte a carenze dello Stato, assicurando servizi e prossimità alla popolazione».

Finora alla Cei assicurano che non è stato ancora avviato nessun contatto o trattativa con il governo, anche se un mese fa la Corte di Giustizia Europea aveva riconosciuto le attività sociali svolte dalla Chiesa cattolica a favore dell’intera collettività in modo positivo, confermando la legittimità dell’IMU che prevede l’esenzione dell’imposta per le attività svolte in modalità non commerciale. L'Europa però aveva invitato l’Italia a procedere a recuperare l’Ici non versata da quelle strutture di tipo commerciale di proprietà cattolica (enti religiosi e similia) per un totale di 4 miliardi di euro. La commissione europea può deferire lo stato italiano alla commissione di giustizia per mancato adempimento all’obbligo di recupero con una procedura di infrazione accelerata.

La partita si fa complessa. La Cei ha sempre fatto presente «che chi svolge un’attività in forma commerciale – ad esempio, di tipo alberghiero – è tenuto a pagare i tributi, senza eccezione e senza sconti». Ma un conto sono le tasse dovute e un conto sono dei tagli che vanno ad abbattersi su settori deboli.
 
«Tra le priorita’ di questa manovra,  su cui non abbiamo fatto un passo indietro nemmeno di un  millimetro, c’e’ il reddito di cittadinanza proprio per andare in contro alle fasce piu’ povere del Paese. Ritengo quindi che  le preoccupazioni della Cei siano immotivate” ha provato a rassicurare il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, a Palermo. "Il reddito di cittadinanza e’ la norma che per eccellenza va incontro a chi si trova in una crisi economica - ha ribadito - e ha bisogno di formarsi per essere reinserito nel modo del lavoro».
 
 

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