Pompei, scoperto il cavallo bardato del comandante: è morto nella stalla insieme al padrone

Pompei, scoperto il cavallo bardato del comandante: è morto nella stalla insieme al padrone
Domenica 23 Dicembre 2018, 14:43 - Ultimo agg. 23:59
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Bellissimo, con la moderna sella di legno e bronzo appena montata dagli inservienti, il muso ornato dai luccicanti finimenti, il cavallo del comandante militare era ancora legato nella stalla quando dalla bocca del Vesuvio è arrivato il vento di fuoco che ha tolto ogni speranza di sopravvivenza a chiunque non fosse riuscito a fuggire. E così lo splendido sauro ha avuto in sorte una morte atroce, per soffocamento o per choc termico, condivisa con ogni probabilità con il suo augusto padrone e le persone che in quel momento lo stavano aiutando a partire, chissà, forse per tentare un estremo soccorso ai civili in pericolo.

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Lo scheletro dell'animale, la testa ripiegata, le membra ancora contratte nello spasimo, è l'ultima eclatante scoperta dei nuovi scavi in corso a Pompei anticipata in esclusiva all'ANSA dal direttore Massimo Osanna. Un reperto «di grande importanza perché particolarmente raro», sottolinea il direttore indicando i preziosi frammenti della sella e dei finimenti in queste ore allo studio degli esperti nei laboratori del parco. Ma che prelude anche ad una nuova stagione di ritrovamenti clamorosi, al di là del Grande Progetto Pompei, tanto che il Parco ha appena stanziato per il 2019 due milioni di euro dai suoi fondi ordinari da destinare per metà agli scavi e per l'altra metà agli espropri dei terreni sui quali intervenire. Perché la Tenuta del Sauro Bardato, ovvero la grande villa suburbana adiacente a via di Civita Giuliana alla quale apparteneva la stalla appena scavata, «era una residenza di altissimo pregio, con ambienti riccamente affrescati e arredati, sontuose terrazze digradanti che affacciavano sul golfo di Napoli e Capri, oltre ad un efficiente quartiere di servizio, con l'aia, i magazzini per l'olio e per il vino, e ampi terreni fittamente coltivati».

 
 


Lo documentano una serie di scavi che vennero fatti agli inizi del Novecento dal marchese Imperiali, allora proprietario del fondo, che con una autorizzazione dello Stato portò alla luce alcuni ambienti riccamente affrescati insieme a suppellettili e oggetti che poi in parte vendette ai musei ma che oggi sfortunatamente sono andati perduti, anche in seguito al bombardamento che nel 1943 distrusse l'Antiquarium del parco. Di quegli ambienti di lusso giudicati alla stregua della celeberrima Villa dei Misteri, ci restano oggi solo alcune foto in bianco e nero scattate dal marchese prima di dare ordine ai suoi uomini di seppellire nuovamente tutto. Altri scavi parziali, a metà degli anni Cinquanta, hanno messo in luce anche la presenza di un lunghissimo, imponente porticato sul quale si affacciavano ambienti affrescati in III stile pompeiano.

E che si trattasse un posto favoloso, lo prova anche l'attività incessante dei tombaroli, che negli ultimi decenni hanno continuamente tentato di aprire cunicoli alla ricerca di tesori.
Proprio una indagine della Procura di Torre Annunziata sugli scempi degli scavi clandestini ha convinto il Parco ad intervenire con nuovi studi, spiega Osanna, deciso a riportare alla luce il prestigioso complesso che può raccontare molto della vita a Pompei e della storia ultima della cittadina romana. «Ci vorrà tempo, naturalmente, ma per i visitatori sarà un'esperienza unica», assicura il direttore. Intanto, chissà, subito all'esterno della stalla, potrebbero trovarsi i corpi del comandante militare e dei suoi inservienti fermati dal vulcano mentre tentavano un ultimo, disperato, tentativo di soccorso.
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