L'appello di Dema ai napoletani: «Offrite il vostro tetto ai disperati»

L'appello di Dema ai napoletani: «Offrite il vostro tetto ai disperati»
di Paolo Barbuto
Sabato 5 Gennaio 2019, 08:00 - Ultimo agg. 16:31
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Il modulino da compilare sulla pagina web del Comune di Napoli è simile a quello dello shopping online, nome, cognome, indirizzo mail, telefono. In calce c'è una lista di servizi da mettere a disposizione, e questa è la porzione innovativa del form online: agli utenti vengono chiesti alimenti, medicinali ma anche imbarcazioni e posti letto nelle proprie case. Il sindaco chiama a raccolta tutti i napoletani per andare in soccorso della «Sea Watch» e dei 32 migranti che da due settimane sono in attesa di un porto che li accolga.

Giovedì Luigi de Magistris ha scritto una lettera al comandante della nave, Anne Paul Lancet: «Fate rotta verso Napoli, noi siamo pronti ad accogliervi». Ieri è scattata la «fase 2» del progetto che ha già raccolto più di seicento adesioni.
 
Subito dopo aver scritto la lettera, su carta intestata del Comune, con tanto di protocollo ufficiale, de Magistris ha messo in azione i tecnici informatici per produrre il modulo di adesione alla corsa all'accoglienza. Nel primo pomeriggio di ieri sulla pagina web del Comune è apparsa, come seconda finestra subito dopo quella delle iniziative per le festività a Napoli, la richiesta di adesione all'appello per salvare i migranti.

C'è la possibilità di partecipare con la semplice formula dell'adesione all'appello per il salvataggio dei migranti. Ma quel che interessa maggiormente è la partecipazione fattiva: «Il sindaco di Napoli invita i cittadini a comunicare liberamente la propria disponibilità a fornire aiuti concreti ai migranti in difficoltà mediante la compilazione del form sottostante». La lista degli aiuti concreti da mettere a disposizione prevede l'elenco consueto dei momenti di emergenza, medicinali, alimenti, abiti, soldi, mezzi di trasporto. Mescolate fra le altre possibilità d'aiuto ce ne sono due che vengono considerate più importanti delle altre: la richiesta di fornire imbarcazioni (evidentemente per raggiungere la nave al largo e trasbordare i migranti nel caso in cui venisse negato l'ingresso nel porto) e la richiesta di mettere a disposizione la propria casa per ospitare le persone in difficoltà.

Secondo il Comune di Napoli nelle prime due ore l'appello è stato raccolto da oltre 600 persone: una quindicina di case a disposizione, più di venti imbarcazioni. Adesioni da Napoli e da tutta la Campania ma anche, secondo Palazzo San Giacomo, da decine di comuni di altre regioni, dal Friuli alla Sicilia.

Due sono le richieste che hanno suscitato particolare attenzione nelle prime ore di divulgazione dell'appello, quella riferita ai natanti e quella delle case da mettere a disposizione.

Sul primo fronte, quello delle imbarcazioni da utilizzare per consentire il trasbordo dei migranti se alla nave venisse negato l'attracco al porto di Napoli, in tanti hanno messo in guardia gli eventuali «volontari». Portare materialmente sulla terraferma persone prive della documentazione adeguata, senza aver prima ottenuto i permessi delle autorità, significherebbe commettere un reato identico a quello commesso dai trafficanti di persone. E se per un sindaco quella in favore dei migranti è una battaglia civile e politica che resta nell'ambito della sfida istituzionale, per un privato cittadino contribuire allo sbarco di quei migranti corrisponderebbe a una immediata denuncia con le conseguenti lunghe e difficoltose code giudiziarie: insomma, chi vuol mettere a disposizione la sua imbarcazione si prende anche una rogna legale di grandi proporzioni nella quale, però, certamente sarà affiancato e sostenuto dal sindaco de Magistris e dal Comune di Napoli.

Il tema dell'ospitalità in casa dei migranti è stato decisamente più vivace, almeno nelle discussioni sul web. Qui è tornato a galla il classico «perché non li ospitate a casa vostra?», con l'elenco completo della Giunta Comunale e la domanda ad ognuno dei membri, dal sindaco all'ultimo degli assessori aggregati, di offrire posto nelle loro case ad almeno due immigrati a testa in modo da risolvere subito il problema dell'ospitalità per le persone della «Sea Watch».

C'è, poi, chi ha ricordato la presa di posizione di Cecilia Sarti Strada, la figlia del fondatore di Emergency, Gino Strada la quale in passato sul tema del «perché non ospiti i profughi a casa tua, eh?», ha risposto in maniera puntuale «E perché dovrei? Vivo in una società e pago le tasse. Pago le tasse così non devo allestire una sala operatoria in cucina quando mia madre sta male. Pago le tasse e non devo costruire una scuola in ripostiglio per i miei figli. Pago le tasse e non mi compro un'autobotte per spegnere gli incendi. E pago le tasse per aiutare chi ha bisogno. Ospitare un profugo in casa è gentilezza, carità. Creare - con le mie tasse - un sistema di accoglienza dignitoso è giustizia. Mi piace la gentilezza, ma preferisco la giustizia».
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