Papa Francesco alla messa dell'Epifania: «Prendiamoci cura dei corpi provati dalla sofferenza»

Papa Francesco alla messa dell'Epifania: «Prendiamoci cura dei corpi provati dalla sofferenza»
di Franca Giansoldati
Domenica 6 Gennaio 2019, 10:55 - Ultimo agg. 18:58
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Città del Vaticano – Nella basilica di San Pietro Papa Francesco ha celebrato la messa dell'Epifania e ha commentato il passo del Vangelo che racconta dell'arrivo dei Magi alla capanna di Betlemme. La metafora della luce è stata al centro della sua riflessione. Dio – ha spiegato - «non sale alla ribalta del mondo per manifestarsi», ma arrivando in una capanna, e illuminando personaggi di certo non illustri, indica che la via da seguire è quella degli umili, degli ultimi, di coloro che vivono nascosti nelle pieghe della storia. Nell'omelia il Papa non commenta le ultime vicende di cronaca che riguardano l'odissea dei migranti. Eppure sullo sfondo delle sue parole è difficile non scorgere riferimenti indiretti a quello che sta accadendo.

 «A proposito di fatti – ha detto - ecco la mirra, unguento che verrà utilizzato per avvolgere con amore il corpo di Gesù deposto dalla croce. Il Signore gradisce che ci prendiamo cura dei corpi provati dalla sofferenza, della sua carne più debole, di chi è rimasto indietro, di chi può solo ricevere senza dare nulla di materiale in cambio». Durante la messa il Papa ha insistito molto sul significato della stella cometa e di cosa va a illuminare. «Potremmo pensare: sarebbe stato meglio se la stella di Gesù fosse apparsa a Roma sul colle Palatino, dal quale Augusto regnava sul mondo; tutto l’impero sarebbe diventato subito cristiano. Oppure, se avesse illuminato il palazzo di Erode, questi avrebbe potuto fare del bene, anziché del male. Ma la luce di Dio non va da chi splende di luce propria. Dio si propone, non si impone; illumina, ma non abbaglia. È sempre grande la tentazione di confondere la luce di Dio con le luci del mondo». La luce della mitezza, dell'umiltà, dell'amore non inseguono «i seducenti bagliori del potere e della ribalta».

E ancora. «Per indossare l’abito di Dio, che è semplice come la luce, bisogna prima dismettere i vestiti pomposi. Altrimenti si fa come Erode, che alla luce divina preferiva le luci terrene del successo e del potere. I Magi, invece, realizzano la profezia, si alzano per essere rivestiti di luce». Francesco spiega che nei loro gesti c'è una apertura radicale, un coinvolgimento totale. Persino nei doni che portano. L'oro, l'incenso e la mirra. Regali simbolici che vanno «a chi non ha da restituire». Infine un appello: «non perdiamo l’occasione per fare un bel regalo al nostro Re, venuto per tutti non sui palcoscenici fastosi del mondo, ma nella povertà luminosa di Betlemme. Se lo faremo, la sua luce risplenderà su di noi».




 
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