Universiadi, la sfida
​da vincere per Napoli

Venerdì 11 Gennaio 2019, 08:36
3 Minuti di Lettura
Per Napoli e la Campania il 2019 si apre carico di aspettative. Sarà una lunga rincorsa fino al 3 luglio, quando migliaia di studenti, provenienti da 170 Paesi, arriveranno per disputare le Olimpiadi universitarie. Una vetrina unica, che per quasi due settimane porrà la città e la regione al centro della ribalta. 

Sembrava impossibile fino a poco fa. Dopo oltre due anni di sostanziale inerzia, davanti all’evidente ritardo, ormai incolmabile a detta dei più, il precedente governo aveva nominato all’inizio del 2018 un commissario straordinario. 

A distanza di pochi mesi, dopo aver cercato di rinviare la manifestazione al 2021, in estate il nuovo esecutivo si è defilato per lasciare il passo agli enti locali, temendo probabilmente di doversi far carico di una inevitabile figuraccia internazionale.

Sono trascorsi sei mesi da allora, grosso modo quanti ne mancano oggi all’inizio della kermesse, e tutto sembra cambiato. Giorno dopo giorno, quello che appariva come un miracolo quasi impossibile si sta lentamente trasformando in realtà. Dal suo insediamento il nuovo commissario “locale” Gianluca Basile, in precedenza direttore generale dell’Agenzia regionale per le Universiadi, ha impresso una svolta decisiva recuperando il tempo perduto e allo stato ha messo a bando praticamente tutti i lavori di riqualificazione degli impianti sportivi. Superate le iniziali divergenze, le istituzioni locali (Regione e comuni, soprattutto quello di Napoli) hanno iniziato a lavorare fianco a fianco, com’è doveroso per un evento che farà convergere l’attenzione mondiale.

Anche l’Autorità nazionale anticorruzione ha fatto la sua parte, vigilando per assicurare il rispetto della legalità e scongiurare infiltrazioni criminali: finora ha verificato 88 appalti e rilasciato 154 pareri in tempi rapidissimi, come ha riconosciuto lo stesso Basile in più occasioni (in media meno di tre giorni, a fronte dei sette previsti dal protocollo d’intesa siglato col commissario). Lo sottolineo per un aspetto in particolare: i controlli sono affidati all’Unità operativa speciale (Uos), una task force di militari della Guardia di finanza specializzati in contratti pubblici. Sono gli stessi che hanno sorvegliato sugli appalti dell’Expo, una manifestazione che - dopo gli scandali e due ondate di arresti per corruzione - non solo si è tenuta in tempo malgrado il ritardo iniziale, ma non ha più fatto registrare nemmeno l’avvio di un’inchiesta della magistratura. 

Ci tengo a evidenziarlo perché ritengo ci sia un filo rosso che unisce simbolicamente Milano a Napoli, l’Expo alle Universiadi. Non si tratta solo dei finanzieri dell’Uos, ma di tutta la filosofia che sottende il loro lavoro. E cioè che non è vero, come ormai molti affermano, che il rispetto delle regole provoca rallentamenti, per cui o si sceglie la via della legalità o quella della speditezza. È vero l’esatto opposto: i lavori si possono fare velocemente e bene anche senza che qualcuno ci “mangi” sopra (e sappiamo quali sono gli appetiti criminali in Campania, soprattutto quando in ballo ci sono milioni di euro di contributi pubblici). 
A oggi abbiamo tutti gli elementi per affermare che questa sfida si può vincere. Resta tuttavia il rammarico per il tempo perso, che ha reso necessaria per arrivare puntuali all’appuntamento una rincorsa che si sarebbe potuto evitare. Se si è riusciti in pochi mesi in pochi mesi a indirizzare l’organizzazione dell’evento sui binari giusti, chissà cosa sarebbe stato possibile fare con la dovuta programmazione! 

Ciò non toglie che le Universiadi rappresentino una grande occasione affinché Napoli, oltre alla fortunata stagione di rilancio turistico che sta conoscendo, venga riconosciuta anche come una città del fare e, soprattutto, del fare bene. Coniugando rispetto delle regole, legalità e tempi certi, inoltre, le Universiadi costituiscono l’opportunità per cercare di finirla con una certa narrazione che vuole Napoli teatro unicamente di stese, sparatorie fra clan rivali e camorristi trasformati in eroi tragici. Una dimensione criminale che nessuno nega (e men che meno potrei farlo io, per la mia storia personale) ma che è (e deve sempre più essere) solo una parte minima del tutto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA