Battisti in Bolivia dal 16/11, ultimi giorni in un piccolo hotel. Caccia a chi lo ha protetto

Battisti in Bolivia dal 16/11, ultimi giorni in un piccolo hotel. Caccia a chi lo ha protetto
Battisti in Bolivia dal 16/11, ultimi giorni in un piccolo hotel. Caccia a chi lo ha protetto
Lunedì 14 Gennaio 2019, 20:52
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Era nascosto in un piccolo hotel, andava a fare la spesa al mercato e cucinava per i proprietari: Cesare Battisti era in Bolivia dal 16 novembre, un mese esatto dopo l'editto con cui Bolsonaro annunciava la sua consegna all'Italia e un mese prima del mandato di arresto emesso dal Supremo tribunale Federal.

Con l'ex terrorista dei Pac ormai dietro le sbarre del carcere di massima sicurezza di Oristano, gli investigatori continuano a ricostruire i dettagli della fuga che dal Brasile lo ha portato a Santa Cruz de la Sierra dove sabato pomeriggio i poliziotti boliviani assieme a quelli italiani lo hanno bloccato mentre camminava un pò alticcio e con in tasca solo 10 bolivianos, meno di un dollaro e mezzo. E, soprattutto, concentrano la loro attenzione sulla rete che per quasi due mesi lo ha protetto, incrociando dati, contatti, comunicazioni su Skype e Facebook, numeri di telefono e testimonianze raccolte dagli uomini sul campo.

LA FUGA: Il primo dato certo a disposizione è proprio la data d'inizio della sua fuga, il 16 novembre: Battisti arriva all'hotel 'Cason Azul', una pensione che dà poco nell'occhio. Gli italiani lo scoprono quando la sua fuga diventa ufficiale, il 13 dicembre: ma Battisti ha già lasciato l'albergo. A confermarlo agli investigatori è il proprietario. «È stato qui fino al 5 dicembre - dice - ha cucinato spesso per tutti e ha detto di essere brasiliano. Andava a fare dei giri nel mercato e tornava con la spesa». All'hotel gli investigatori arrivano grazie a due elementi. L'analisi dei dati estrapolati da una serie di telefoni sospetti, tutti apparecchi intestati a persone del suo entourage e che vengono messi sotto controllo a partire dal 16 ottobre su disposizione del pg milanese Antonio Lamanna. E grazie al codice Imei del cellulare di Battisti. Un elemento fondamentale perché, nel momento in cui viene acceso l'apparecchio, il software di localizzazione lo rintraccia, a prescindere dalla scheda sim che vi viene inserita.

LA RETE DI PROTEZIONE: All'inizio di dicembre l'ex terrorista dei Pac è dunque di nuovo sparito nel nulla, ma gli investigatori non mollano la presa. E grazie al sistema di localizzazione da un lato e alle comunicazioni via Skype e social dall'altro ricominciano a seguire gli spostamenti dei cellulari sospetti. Che danno delle indicazioni interessanti. Ad esempio il 15 dicembre uno di questi è segnalato su un volo da San Paolo a Sinop, una città del Mato Grosso. Altre tracce arrivano da Lucas do Rio Verde, a soli 150 km a sud di Sinop, sempre in Brasile e il giorno dopo da Caceres, ultima grande città prima della Bolivia. E il 17 un'altra traccia viene registrata a San Matiàs, al di là del confine. Si tratta secondo i poliziotti dei possibili movimenti dei fiancheggiatori. «Crediamo - dice infatti uno di quelli che dall'inizio segue la vicenda - che Battisti non si sia mai mosso da Santa Cruz». Ma da chi è composta questa rete di protezione? L'analisi del telefono di Battisti, già in mano agli inquirenti milanesi, darà forse qualche risposta in più, anche per ricostruire chi e come ha finanziato la latitanza. Quello che già si conosce è il cerchio delle amicizie di Battisti: c'è l'ex parlamentare di sinistra Eduardo Suplicy e il sindacalista Magno de Carvalho, lo storico e scrittore Carlos Lungarzo e la sociologa Silvana Barolo. Oltre a diversi intellettuali, rappresentanti di associazioni di categoria e sindacati. E ci sono alcuni italiani, tra cui i suoi familiari.

LA 'RICOMPARSÀ E L'ARRESTO: La situazione si sblocca il 4 gennaio: quel giorno l'Imei del telefonino di Battisti 'parlà e segnala la sua presenza di nuovo a Santa Cruz, nel barrio Ubarì. Due giorni dopo gli investigatori sono in città e con i colleghi boliviani cominciano a battere a tappeto hotel e pensioni del quartiere. Non trovano nulla ma sabato pomeriggio individuano una persona che sembra essere lui che cammina per le strade della città. Gli agenti lo filmano e il video viene spedito in Italia: la comparazione dell'arcata sopracciliare e dell'orecchio fornisce l'ultima risposta che manca. Battisti viene fermato e portato in caserma. Capisce che è finita ma continua a ragionare come un clandestino: quando gli chiedono se vuole andare a prendere le sue cose lui rifiuta e non rivela dove ha passato gli ultimi giorni, proteggendo chi lo ha protetto.

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