Pedofilia, il ritardo della Cei: non sa stimare quanti siano i casi di abusi in Italia

Pedofilia, il ritardo della Cei: non sa stimare quanti siano i casi di abusi in Italia
di Franca Giansoldati
Mercoledì 16 Gennaio 2019, 17:26 - Ultimo agg. 21:36
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Città del Vaticano  - Benchè in evidente ritardo sulla tabella di marcia (ad oggi non è ancora in grado di fare una stima interna sul fenomeno della pedofilia),la Cei si partecipa al summit sugli abusi che Papa Francesco ha convocato a Roma per la fine di febbraio. Dopo tre giorni di dibattito i vescovi hanno fatto sapere che incontreranno le vittime prima di febbraio, come ha ordinato di fare Papa Bergoglio a tutti gli episcopati. Di quali vittime, però, non è dato sapere, né tantomeno di quali casi si tratta. Monsignor Stefano Russo, segretario della Cei, ha spiegato ai giornalisti che l’incontro riguarderà «alcuni casi significativi» ma senza poter aggiungere altro. Nel frattempo ha comunicato anche che il vescovo Ghizzoni - incaricato di stendere un documento contenente le Linee guida per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, unito ad un Regolamento che dovrebbe essere applicato dalle diocesi -  sta procedendo a lavorare al testo, assieme ad un gruppo di esperti. Finora tre i nomi che sono stati resi noti, tutti religiosi che da tempo si occupano del disagio della vita consacrata. La scelta fatta sembra escludere i laici, come medici, psichiatri o magistrati.

«Ne faranno parte anche padre Federico Lombardi, suor Anna  Deodato e padre Amedeo Cencini, persone che hanno maturato una  particolare esperienza sulle risposte da dare a questi  gravissimi crimini», ha aggiunto il sottosegretario della Cei,  monsignor Ivan Maffeis.  Il lavoro che sta facendo la Cei permetterà in futuro di identificare i  casi e informare sul fenomeno in generale. Tuttavia non si parlerà né si è parlato, invece, dei casi del passato, della tendenza a spostare i preti pedofili da una diocesi ad un’altra come si è spesso verificato (a Napoli c’è un caso che finirà in tribunale alla fine di questo mese), o della possibilità per gli  inquirenti (poliziotti o magistrati) di consultare gli archivi diocesani.

Papa Francesco è convinto che la pedofilia tra il clero, essendo un problema globale si «può affrontare solo con una risposta globale». La sua speranza è che i vescovi, dopo il summit di febbraio, possano tornare a casa  «consapevoli delle regole da applicare, facendo così i passi necessari per prevenire gli abusi, per tutelare le vittime, e per far sì che nessun caso venga coperto o insabbiato». Il Vaticano continua a ripetere che sul summit ci sono troppe aspettative e che il cammino di purificazione per espellere le mele marce va avandi da 15 anni.
 
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