Gli appalti agli amici di via Marina; il teste: mai visto nulla di simile

Gli appalti agli amici di via Marina; il teste: mai visto nulla di simile
di Leandro Del Gaudio
Sabato 2 Febbraio 2019, 08:30
4 Minuti di Lettura
In tanti anni di lavoro, non aveva mai visto un rapporto così stretto tra un dirigente comunale e un imprenditore. Anzi, a voler andare a fondo, «non è prassi per un direttore di lavori pubblici segnalare e/o consigliare ditte e fornitori». Parola di persona informata dei fatti, un possibile teste chiave, che si chiama Antonio Ricci, vive ad Isernia dove gestisce un'azienda che si è aggiudicata un lotto di lavori per la riqualificazione di un pezzo di centro storico, all'ombra del progetto Unesco. È una delle voci che entrano nell'inchiesta che punta a verificare l'esistenza di accordi sottobanco tra pubblico e privato, tra dirigenti comunali e imprenditori, per l'assegnazione di commesse sia nella zona del centro storico, sia lungo l'asse costiero di via Marina, oltre che per altri lotti di spesa al porto o per la realizzazione di una piscina in via Nicolardi. Agli atti del fascicolo, oltre alla testimonianza di Ricci, anche alcune intercettazioni telefoniche e ambientali, che mettono a fuoco il rapporto tra due soggetti in particolare, entrambi coinvolti in questa primissima fase investigativa: parliamo dell'imprenditore Francesco Mattiello e del dirigente comunale Sandro Pietrafesa. Informazioni top secret girate all'imprenditore amico, finanche un pennetta usb (un supporto informatico) che esce dalle stanze di Palazzo San Giacomo per arrivare sempre allo stesso imprenditore, che dovrebbe poi sfruttarla per la piscina di via Nicolardi, fino al racconto di un testimone che resta «meravigliato» rispetto alle segnalazioni del direttore dei lavori pubblici. Ipotesi al vaglio degli inquirenti.
 
Scrivono gli uomini della Mobile, sotto il coordinamento del primo dirigente Luigi Rinella: «Pietrafesa e Mattiello concordano l'affidamento di futuri appalti del Comune di Napoli relativi ai finanziamenti dell'Unesco per il centro storico di Napoli. Appare un rapporto granitico che mette le sue fondamenta evidentemente in interessi economici legati al buon fine degli affidamenti in questione». Una versione che entra in una informativa di polizia giudiziaria, che attende le conclusioni della Procura di Napoli, su cui conviene fare una premessa: si tratta di materiale grezzo che attende riscontri, dal momento che i sequestri di questi mesi non vanno considerati come una prova ma come un mezzo di verifica di ipotesi investigativa. Inchiesta per turbativa d'asta, la parola spetta ai pm Ida Frongillo e Valeria Sico, anche alla luce di eventuali repliche difensive. Difeso dall'avvocato Mario D'Alessandro, Pietrafesa ribadisce la correttezza della propria condotta, proprio sulla scorta delle intercettazioni calate agli atti: «Quella della Mobile è una delle tante interpretazioni possibili di frasi equivoche ed estrapolate da un contesto più ampio. Non c'è una lettura univoca di questi atti, come dimostreremo nel corso del procedimento». Ma sentiamo come ragionano gli inquirenti. Scrivono gli uomini della Mobile: «Pietrafesa si prende l'onere di contattare la ditta appaltante di Isernia al fine di far subappaltare i lavori a Mattiello. Un intervento oggettivamente inopportuno da parte di un dirigente comunale che avrebbe dovuto mantenere un doveroso distacco da una vicenda privata di un subappalto che esula dalle sue dirette competenze».

Ma non è tutto. Secondo questa prima ricostruzione investigativa, lo stesso schema si sarebbe riprodotto in via Marina, ovviamente con altri personaggi. Anzi. A rileggere le frasi intercettate di Francesco Mattiello, anche nel cantiere di via Marina ci sarebbe stato lo stesso patto clandestino tra dirigenti comunali da un lato e imprenditori appaltatori. Uno schema che spinge la Procura di Napoli ad inscrivere nel registro degli indagati un ex superdirigente comunale e un docente universitario (nei panni di consulente) e due fratelli imprenditori impegnati proprio in via Marina. Accordi che emergono in particolare dalla lunga conversazione intercettata tra Francesco Mattiello e la moglie Marianna Dell'Aprovitola (già sindaco del comune casertano di Carinaro). In sintesi, esisterebbe una sorta di «binomio corruttivo» pubblico privato al centro storico uguale e contrario a quello che avrebbe agito in via Marina. Ma torniamo alle conversazioni tra Mattiello e la moglie: «Mattiello confida a sua moglie di aver ricevuto il computo metrico per i lavori della piscina di via Nicolardi, un computo completo delle quantità e dei prezzi e dell'importo finale di tre milioni e duecentomila euro», che avrebbe ricevuto da Pietrafesa tramite un supporto informatico pendrive. Possibile? È il due gennaio del 2017 quando Francesco Mattiello dice alla moglie: «È venuto stamattina, ha portato la pennetta Usb». Una ricostruzione che manda su tutte le furie la stessa donna, sia per il tono presuntuoso assunto dal marito, sia per la sua tendenza a fidarsi di un suo collaboratore - tale Luca Sepe - indicato dalla donna come un soggetto di cui non fidarsi, in quanto «incline a ricattare». Scrivono gli investigatori: «Si avverte la forte preoccupazione esternata in modo chiarissimo dalla moglie di Mattiello, che - da amministratore pubblico - non si fida di Luca Sepe, a sua volta messo a conoscenza del computo della piscina, ben consapevole che suo marito aveva commesso un illecito penale e temeva di essere ricattata». Come in un canovaccio già visto, all'ombra di appalti milionari e presunti accordi illeciti, non poteva mancare il capitolo ricatto (al momento solo presunto).
© RIPRODUZIONE RISERVATA