Sorpresa Quota 100, il Sud batte il Nord: Sicilia, Lazio e Campania in testa

Sorpresa Quota 100, il Sud batte il Nord: Sicilia, Lazio e Campania in testa
di Gianni Molinari e Francesco Pacifico
Domenica 3 Febbraio 2019, 08:30 - Ultimo agg. 18:00
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Quota 100 sembrava una misura scritta per il Nord. Dove già oggi vengono erogate il grosso delle pensioni di vecchiaia. Non a caso l'ha voluta la Lega. Invece, a guardare i numeri, proprio nelle regioni del Sud si registrano al momento più domande di pensionamento anticipato. Stando ai dati diffusi dall'Inps, su 13.792 richieste complessive, guidano la classifica la Sicilia (1.848 domande), il Lazio (1.745) e la Campania (1.477), che battono la più popolosa Lombardia (1.394). La Puglia, subito dopo, registra 1.120 richieste e precede le più ricche Toscana (828), Veneto (760), Emilia Romagna (631) e Piemonte (624). Mentre in Calabria vogliono uscire 589 lavoratori, in Basilicata 175 e in Molise 122.
 
Dall'Inps, dove pure hanno stimato un 60 per cento delle uscite al Centro Nord e il restante al Sud, fanno sapere che la tendenza può essere giustificata dal fatto che possono richiedere subito la pensione i disoccupati rispetto a chi deve ancora presentare le dimissioni. Ma, per certi aspetti, ancora più strabiliante è che arrivano più richieste dal privato, dove la perdita sul futuro assegno con il ricalcolo contributivo è più pesante (fino al 20 per cento rispetto all'ultimo stipendio) che dal pubblico. Anche in Campania, dove Roberto Bafundi, direttore del coordinamento dell'Inps di Napoli, racconta: «Sì, la maggioranza sono dipendenti del privato, subito seguiti dagli statali, ma ci sono pure artigiani, commercianti e iscritti alle gestioni speciali. E mancano ancora quelli che possono raggiungere i requisiti di Quota 100, riscattando i 4 anni della laurea». Aggiunge al riguardo Ignazio Ganga, segretario confederale Cisl: «I dipendenti del pubblico impiego hanno avuto soltanto due giorni per presentare la domanda per la prima finestra, c'è stata una discriminazione. Personalmente non sono sorpreso: al Nord ci sono condizioni più favorevoli per la permanenza al lavoro, al Sud, con il costo della vita più bassa, si perde di meno nel ricalcolo dell'assegno con il metodo contributivo». L'ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, nota su questo fronte un altro elemento: «Probabilmente dietro la volontà di uscire ci sono anche le pressioni delle aziende, che con la crisi alle porte hanno esigenze di ridimensionamento delle piante organiche o di turn over generazionale per migliorare le competenze tecnologiche. Chiaramente questo fenomeno è più visibile al Sud».

La tendenza in atto diventa ancora più sorprendente, se si confronta, regione per regione, il numero delle richieste e quello della popolazione attiva tra i 16 e i 67 anni. In Sicilia, in proporzione, le uscite hanno un coefficiente quasi doppio rispetto ai lavoratori certificati dall'Istat, nel Lazio c'è uno scarto vicino al 30 per cento, in Campania del 20, mentre in Lombardia o in Veneto il rapporto è opposto. Al riguardo l'economista Alberto Brambilla, consulente sulle materie previdenziali di Palazzo Chigi e consigliere di Salvini, ammette che «non si aspettava questa ripartizione tra Nord e Sud. Certo, molti di quelli in uscita sono artigiani e commercianti che iniziano presto. E credo che nei prossimi mesi avremmo più dipendenti pubblici: se uno guarda le piante organiche del pubblico impiego, in proporzione i travet più anziani sono nel Mezzogiorno».

L'ondata di uscite dal Meridione, secondo il presidente di Scenari previdenziali, pone un'altra questione: «Il governo ipotizzava meno di 200mila uscite, ma con questo trend rischiamo di superare le 350mila unità nel triennio e di non avere i fondi sufficienti per pagare le future pensioni. A maggior ragione se a fine anno il Pil salirà meno dell'1 per cento.

Il decretone prevede che il Mef possa intervenire, se le uscite saranno superiori alle aspettative». Al Sud c'è quindi voglia di scappare da un lavoro e da uno stipendio comunque superiore alla pensione. Conclude Luca Bianchi, direttore dello Svimez: «Il Mezzogiorno sta diventando sempre più una terra di pensionati. Si ha come l'impressione che sia secondario partecipare in maniera attiva alla vita produttiva del Paese, mentre prevale la mancanza di speranza rispetto al futuro. Il Meridione produttivo lascia il posto a uno più assistito, dove la pensione, il reddito certo per eccellenza, diventa imprescindibile».

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