Milano odia: la polizia non può sparare

Milano odia: la polizia non può sparare
Lunedì 4 Febbraio 2019, 10:23
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È una riconciliazione col passato e con il cinema del passato – ma non quello alto, quello considerato basso – il percorso che sta compiendo Paolo Spagnuolo, ora in libreria con “Milano odia: la polizia non può sparare” (Milieu). È un libro che fin dallo stile rimanda agli anni Settanta, ricostruendone contesto e backstage, introdotto dal regista del film cult analizzato: Umberto Lenzi; e poi sviluppato con i protagonisti, su tutti: Tomas Milian; e via via gli altri, Henry Silva, Ray Lovelock, scorrono come titoli di coda: fino a Ennio Morricone – autore della colonna sonora – e Enzo G. Castellari, chiudendo con la sceneggiatura originale (che è una finezza); in mezzo: foto, manifesti, recensioni, storie dalle voci di chi c’era, fino a ricreare il set nel libro, fino a far risentire la leggerezza di film come questo – poliziotteschi – che finirono a fare compagnia a un ragazzetto americano nei suoi turni in videoteca, entusiasmandolo, e quel ragazzetto era Quentin Tarantino. E con lo stesso entusiasmo Spagnuolo è diventato un archeologo del genere, rimontandolo, ricostruendolo e restituendocelo.
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