Costo del lavoro più basso e salari più alti: l'asse tra sindacati e Confindustria

Costo del lavoro più basso e salari più alti: l'asse tra sindacati e Confindustria
di Francesco Pacifico
Domenica 10 Febbraio 2019, 08:30 - Ultimo agg. 11 Febbraio, 09:43
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Maurizio Landini ha raccontato di aver chiamato Giuseppe Conte subito dopo la sua elezione alla testa della Cgil per fissare un incontro. E di essersi sentito rispondere dal premier che lui aveva già visto i sindacati. In Confindustria raccontano che quando un imprenditore ha chiesto a Vincenzo Boccia il numero di Luigi Di Maio, il presidente di Confindustria abbia dovuto ammettere: «Ho un vecchio cellulare...». In questo scenario - dove le principali parti sociali del Paese sono ignorate dal governo - non deve meravigliare quello che è avvenuto ieri a Roma: cioè 400 imprenditori, accanto alle loro maestranze, del settore Oil&Gas e provenienti dal distretto di Ravenna, dalla Basilicata, da Ortona e dalla Sicilia, marciare alla manifestazione organizzata da Cgil, Cisl e Uil contro l'esecutivo e contro il decreto semplificazione, che blocca le trivelle.
 
La manifestazione dei cosiddetti Caschi gialli è nata da un'intuizione di Gianni Bessi, consigliere regionale del Pd e uno dei massimi esperti di energia in Italia, che è stata subito fatta propria dalla Confindustria e dai sindacati di Ravenna. I quali hanno poi scritto un manifesto coinvolgendo gli enti locali. Racconta Renzo Righini, titolare della fratelli Righini, società che fa macchinari per l'offshore: «Era necessario venire a manifestare con i nostri dipendenti non soltanto perché il blocca Trivelle mette a rischio il nostro settore, sono 3.500 posti, ma perché a livello nazionale c'è disagio che colpisce le imprese quanto i lavoratori». Dalla Basilicata, con circa una cinquantina di maestranze, è arrivato nella capitale Pasquale Criscuolo, alla testa dell'omonimo gruppo che offre servizi alle imprese dell'Oil&Gas: «Da noi abbiamo aspettato 15 anni per aprire il campo di Temprarossa e ora con il decreto Semplificazioni rischiamo di aspettare altro tempo».

A ben guardare imprese e i sindacati da mesi lavorano a braccetto: a Bergamo hanno firmato un patto per rilanciare i cantieri; i confederali hanno partecipato alle manifestazioni per la Tav in Piemonte, a Brescia la locale Confindustria ha minacciato un corteo se sarà bloccata la ferrovia tra l'Italia e la Francia. E da mesi prima i maggiori esponenti del Nord (Carlo Bonomi, Marco Bonometti che ha ribadito lo stesso concetto al Mattino, e Matteo Zoppas) poi lo stesso Boccia hanno annunciato di voler scendere in piazza contro il governo. Ma soprattutto, da mesi, viale dell'Astronomia e i sindacati stanno lavorando per realizzare un patto, una strategia per invertire la rotta, dopo non essere stati neppure coinvolti nella stesura del reddito di cittadinanza, di Quota 100, per non parlare della manovra. Su spinta dello stesso Boccia, nelle prossime settimane, dovrebbe essere firmato il cosiddetto Patto del lavoro: un'intesa di politica industriale che, da un lato, prevede di abbassare il costo del lavoro e alzare le buste paga dei lavoratori, dall'altro vuole spingere il governo a sostenere gli investimenti privati.

Spiegano da viale dell'Astronomia che «quello tra noi e i sindacati è un matrimonio di necessità. Gli sgarbi, soprattutto dai Cinquestelle, sono all'ordine del giorno: per esempio, rispetto a quanto si è sempre fatto, nel rinnovo dei vertici dell'Ice non è stato nominato nel board il nostro vicepresidente all'internazionalizzazione (Licia Mattioli, ndr), ma un esponente di Assolombarda (Carlo Ferro, ndr) perché i grillini hanno migliori rapporti con Bonomi che con Boccia». Le stesse battaglie poi sono le stesse: invertire i tagli agli investimenti, sbloccare le opere pubbliche che non piacciano al movimento, evitare che tutti i soldi per le politiche attive possano finire nel reddito di cittadinanza, rendendolo un sussidio parassitario come dimostrano le posizioni espresse in questi giorni in Senato dalle due parti.

Eppoi sono da bloccare una serie di misure, che potrebbero modificare totalmente pesi e contrappesi nella relazione industriale: l'inserimento del salario minimo che renderebbe inutili i contratti collettivi, una legge sulla rappresentanza che potrebbe dare spazio alle piccole sigle.

Per non parlare delle minacce di Luigi Di Maio e Matteo Salvini, che non perdono occasione per annunciare sia una legge per tagliare le pensioni dei sindacalisti sia l'uscita da Confindustria delle grandi partecipate di Stato. Aziende che garantiscono a viale dell'Astronomia, sotto forma di quote d'iscrizione, tra i 2 e i 3 miliardi di euro all'anno.

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