Il ministro Bussetti apre le porte: «Ottomila prof emigrati potranno tornare al Sud»

Il ministro Bussetti apre le porte: «Ottomila prof emigrati potranno tornare al Sud»
di Maria Pirro
Domenica 10 Febbraio 2019, 08:30 - Ultimo agg. 19:12
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Il ministro dell'istruzione Marco Bussetti non accetta lezioni. «Sono leghista», dice orgoglioso, «e non faccio differenze tra la scuola del Nord e la scuola del Sud: l'ho dimostrato in questi sei mesi, lavorando sette giorni su sette, diciotto ore al giorno, dando a questi territori più risorse e attenzione di tanti altri che mi hanno preceduto. E non ho offeso il Mezzogiorno, nemmeno nell'intervista tanto contestata», in cui invita gli insegnanti a lavorare di più anziché chiedere più fondi.

Quella frase, però, è stata giudicata offensiva. Per il vicepremier Di Maio, lei ha detto una fesseria e deve chiedere scusa. Gli alleati interpretano le sue parole come un tentativo di forzare il dibattito sulle autonomie, il provvedimento in agenda la prossima settimana. Cosa risponde?
«Non ho detto una fesseria, per questo non saprei di cosa scusarmi. Mi spiace invece che le mie parole siano state strumentalizzate: sono state estrapolate dal contesto, peraltro, una bellissima giornata trascorsa negli istituti di Afragola e Caivano. La mia non era una critica o un'offesa rivolta al Sud».

Per il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, ignorando il Sud è il «ministro dell'ignoranza».
«Io conosco benissimo i sacrifici dei docenti che si sono trasferiti al Nord per colpa di un algoritmo, e anche le eccellenze nella scuola, nell'università, nella ricerca nel Mezzogiorno. E considero la scuola unica, ribadisco: quella frase è stata tagliata da una riflessione più ampia».

Ma come si fa a dire che il Sud non ha bisogno di più soldi e investimenti...
«Ben vengano più fondi al Sud: noi abbiamo già dato 50 milioni per la Scuola superiore del Sud a Napoli, ci siamo attivati per migliorare la situazione allo Zen di Palermo, dando più scuole ai ragazzi, abbiamo previsto altre duemila cattedre, di cui molte al Sud, per il tempo pieno, 40mila posti in tre anni per il sostegno. E siamo anche al lavoro con l'Anci, l'associazione dei Comuni, per migliorare gli interventi e i rapporti con gli enti locali che hanno importanti competenze in materia: bisogna lavorare di più sulle sinergie, insistere. Ma più fondi non significa garanzia di risultati».
 
In particolare, a che punto è il piano per l'edilizia scolastica?
«Sono stati stanziati 7 miliardi, di cui la metà destinati al Sud. E oltre 3,5 miliardi sono già a disposizione delle regioni: le amministrazioni possono utilizzarli».

L'istruzione è tra le materie richieste da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna per l'autonomia: come sarà la scuola regionalizzata?
«Abbiamo dato il nostro contributo, di tipo giuridico, per delineare lo scenario. Una gestione territoriale più vicina ai bisogni dei cittadini ha sicuramente dei vantaggi».

Con una duplicazione di funzioni e compiti non c'è il rischio di aumentare i costi?
«Non credo. Qualsiasi operazione che migliora l'efficienza del sistema va giudicata in modo positivo».

Che ne pensa della richiesta del Veneto, che un territorio più ricco abbia più bisogno di risorse per la scuola rispetto a quello con una minore capacità fiscale?
«Attendo che sia definito meglio un possibile schema per commentare».

Come ha ricordato, 50 milioni sono stati stanziati per la Scuola superiore del Sud a Napoli, ma il Rettore della Normale di Pisa si è dimesso quando è naufragato il progetto di aprire una sede della Scuola superiore a Napoli in sinergia con la Federico II: cosa è stato sbagliato?
«È stata una questione tutta interna all'Università di Pisa che ha condizionato le scelte del Rettore».

E danneggiato il capoluogo campano.
«Al contrario, noi volevamo aprire la sede al Sud e lo abbiamo fatto. Io amo il Sud e tutta l'università. Senza distinzioni».

Gli insegnanti del Sud, emigrati al Nord con la Buona scuola, intanto, aspettano di poter chiedere il trasferimento: quando sarà aperta la finestra per la mobilità?
«Tra fine aprile e inizio maggio, la finestra sarà unica anche per coprire tutti i posti nei passaggi di ruolo».

Si stima ci siano quattromila posti disponibili: è un dato attendibile?
«Ne prevedo almeno il doppio, considerato che con la quota 100 più di ventimila docenti andranno in pensione».

Gli insegnanti di ruolo potranno in futuro chiedere di cambiare ambito territoriale solo dopo 5 anni: non è un tempo troppo lungo?
«Serve a dare maggiore continuità didattica e a lavorare con una adeguata programmazione dell'offerta formativa, e anche ad avere un organico più stabile».

Con la nomina costante dei supplenti, questo è impossibile.
«Per i posti di sostegno, è appunto prevista la formazione di 40mila insegnanti specializzati nei prossimi tre anni».

Quando sarà invece bandito il concorsone?
«Entro l'anno ci sarà una selezione per reclutare 10mila maestri della scuola primaria e dell'infanzia e un'altra per le scuole medie e superiori. Entrambi i concorsi saranno nazionali ma gli aspiranti insegnanti questa volta potranno indicare una o 2 o 3 regioni e competere solo per quelle cattedre, il numero ovviamente sarà reso noto prima delle prove».

Con quali criteri verranno suddivisi i duemila posti aggiuntivi previsti per il tempo pieno a scuola?
«In Sicilia l'offerta didattica è già stata potenziata in tutte le province con l'obiettivo di ridurre il fenomeno della dispersione. Nelle altre regioni le scuole ora possono fare richiesta dei docenti extra in base al numero di iscrizioni».

I 209 milioni stanziati per gli asili nido vengono assegnati in base al numero degli iscritti, e questo criterio penalizza le regioni del Sud, dove le domande sono storicamente inferiori e quindi anche i fondi a disposizione.
«Ho nominato una commissione di tecnici competenti proprio per uniformare i criteri e la distribuzione dei fondi in merito a una questione affrontata solo in parte nella precedente legislazione. Tanti argomenti sono sul tavolo. In più, ho appena indicato il Rettore dell'Università di Bari, il il professore Antonio Felice Uricchio, come componente Anvur, l'agenzia di valutazione del sistema universitario».

Altra questione: bidelli e docenti assunti presentando falsi titoli, scoperti attraverso un'inchiesta più ampia sui diplomifici. Qual è la situazione?
«L'iter dei procedimenti disciplinari non è ancora concluso ed è difficile valutare quanti siano i casi, ma va ribadito che tutti gli uffici sono tenuti a verificare sempre le autocertificazioni».

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