«Mio marito si contorceva dal dolore, neanche un letto hanno voluto darci»

«Mio marito si contorceva dal dolore, neanche un letto hanno voluto darci»
di Melina Chiapparino
Lunedì 11 Febbraio 2019, 07:00 - Ultimo agg. 14:19
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«Mio marito non doveva morire». Le parole di Maria Chiaro, 72enne napoletana, sono interrotte dalle lacrime e dalla commozione nel ricordare il marito. Edoardo - racconta - era un uomo «pieno di energie, devoto alla famiglia, non aveva mai smesso di lavorare, di curare l'orto fino a venerdì mattina, aveva raccolto i broccoli in giardino». «Un signore perbene che proprio per la sua educazione - aggiunge - è morto senza dare fastidio a nessuno invece di urlare e pretendere la giusta assistenza come fanno in tanti».
 


Cosa vi ha spinto a denunciare l'accaduto?
«Mio marito non potranno ridarmelo ma vorremmo evitare che altre persone possano soffrire come noi. C'è stata negligenza, abbandono e indifferenza rispetto a una situazione che invece richiedeva la massima attenzione, per questo abbiamo denunciato. Il nostro errore, quello mio, dei parenti che mi hanno accompagnata in ospedale e di mio marito, è stato fidarci dei sanitari e confidare in ciò che ci dicevano. Non mi sono resa conto che mio marito stava morendo perché il personale non era preoccupato e ci ha lasciati per ore ad aspettare».
 
Come ha vissuto quella lunga attesa prima di entrare nel pronto soccorso?
«Abbiamo aspettato circa 5 ore con mio marito che si contorceva dal dolore su una sedia a rotelle e senza poter ricevere lenzuola o coperte perché non le avevano. Hanno concesso solo a un familiare di affiancarlo e gli sono stata vicino fino alla fine. Edoardo vomitava in continuazione e siamo riusciti ad ottenere un secchiello ma ci preoccupavamo noi di pulire e cambiarlo. Persino per accompagnare Edoardo in bagno non c'è stata possibilità di essere aiutati da operatori sanitari. Io sono anziana e non riuscivo a reggere mio marito in bagno così mi ha aiutata un ragazzo che si trovava lì per la moglie ricoverata. Nessuno ci aiutava».

Quale assistenza avete ricevuto appena arrivati al San Paolo?
«Inizialmente è stato assegnato a mio marito un codice verde che poi è diventato giallo ma le sue condizioni si aggravavano ora dopo ora e nonostante lo facessi notare ai sanitari, continuavano a dirmi di aspettare e che i sintomi erano compatibili con l'influenza. Quando siamo entrati gli è stato fatto un elettrocardiogramma e gli hanno misurato febbre e pressione dopo di che ci hanno abbandonato. Avevo chiesto un lettino per farlo distendere e l'ossigeno perché respirava male ma non ci hanno dato nulla. Eduardo a un certo punto non parlava più. Mio marito per indole, non si lamentava e noi per rispetto e fiducia nei sanitari continuavamo ad avere pazienza. È stato quello l'errore: fidarci».

Dopo che è successo?
«Quando siamo entrati nel pronto soccorso dopo quasi 5 ore, una visita, prelievi di sangue e una radiografia a cui è seguita una Tac, mi hanno comunicato che Edoardo si doveva operare per blocco intestinale ma rischiava la vita per il fisico debilitato.
In realtà non ho neanche firmato per autorizzare l'operazione perché lui è morto prima. Mentre mio marito era nel box del codice rosso, ricordo la sua mano gelida e ancora una volta non avevano coperte così gli ho messo due giubbini sulle gambe. Poi mi hanno fatta uscire e gli hanno fatto un massaggio cardiaco. Lì ho capito che eravamo stati troppo educati e pazienti a non pretendere subito un aiuto perché Edoardo forse poteva salvarsi e invece l'ho rivisto in obitorio. Ora non vogliamo niente ma io e i nostri due figli riteniamo inaccettabile un'assistenza sanitaria come quella fatta a mio marito che per non dare fastidio ha perso la vita ad aspettare».

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