Il naufragio di Chiaia nella città senza cura

di Vittorio Del Tufo
Sabato 16 Febbraio 2019, 08:00
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Sarebbe un grave errore perseverare nell'equivoco di considerare eterna la rendita delle bellezze artistiche e naturali, che attirano turisti a frotte facendoci gridare ogni volta al miracolo: una grande città vive grazie al decoro delle sue strade e del suo arredo urbano, alla sua rete di mobilità e alla sua trama di infrastrutture e servizi pubblici. Viceversa, non vive: tira a campare e scarica sui cittadini il peso delle sue emergenze. È quanto sta accadendo a Chiaia, il cui degrado - buche a ogni angolo, smog alle stelle, fioriere distrutte, aiuole abbandonate da anni, senzatetto sotto i portici, luoghi verdi lasciati marcire, spazi decorativi ridotti a fiere da strapaese e binari del tram rialzati, dunque pericolosi - è diventato il simbolo di un fallimento più complessivo: quello della manutenzione della città.

Chiariamoci: il naufragio delle promesse è democratico e trasversale, travolge tutti i quartieri della città. Ma a Chiaia l'agenda degli appuntamenti mancati è più fitta, perché la perdita di decoro - in alcuni tratti la devastazione del paesaggio urbano, come ha documentato sul Mattino di ieri Maria Pirro - si intreccia con il lento disfacimento del trasporto pubblico, determinando una frattura psicologica e sociale alla quale nessuno sembra in grado di porre rimedio. È paradossale e emblematico quello che sta accadendo attorno alla linea 6 del metrò, che, partendo da Fuorigrotta, dovrebbe attraversare il quartiere da Mergellina a Monte di Dio, fino a raggiungere Piazza Municipio. Non avevamo fatto in tempo a gioire per la decisione del Tar, che aveva sbloccato la surreale vicenda delle griglie da realizzare in piazza Plebiscito per consentire l'avanzamento dell'opera, che altri chilometri di carta bollata, di ricorsi e controricorsi ci attendono, in una spirale senza fine.

Il ministero dei signornò e della cultura immobile continua a mettersi di traverso e i lavori per il completamento del metrò continuano a languire tra ritardi, cantieri lumaca e stazioni fantasma. Mentre ci si alambicca e ci si arrovella su pochi metri quadri di grate, ci si dimentica che il quartiere attende da oltre vent'anni il completamento della tratta Mergellina-piazza Vittoria. Vent'anni! Ricordiamo tutti la «talpa» di Mergellina, l'idroscudo arrivato dalla Germania: s'impantanò quasi subito nel sottosuolo acquoso di via Piedigrotta, impiastricciandosi d'alghe e acqua di mare nelle sabbie mobili della Riviera. Era il 1990, eravamo giovani cronisti. La tratta fu inaugurata a ridosso dei Mondiali del 1990 con il nome di Ltr. Breve storia triste: il sipario calò quasi subito sul trenino che guardava al futuro. Allora quella talpa annegata nel sottosuolo raccontava meglio di tante parole il tempo immobile della città. Era la Metafora Perfetta. Oggi il paradosso è un altro: le stazioni sono praticamente finite, ma chiuse, abbandonate e ridotte a discarica.

La terza città d'Italia non può fare a meno di un trasporto su ferro degno di questo nome: non è pensabile, considerati i volumi di traffico e la stessa configurazione urbanistica della città, affidare i collegamenti tra est e ovest alla sola rete di trasporto su gomma, con i tempi di attesa biblici alle fermate e lo stato comatoso del nostro parco autobus. I residenti di Chiaia, che attendono da vent'anni il completamento della linea, subiscono più o meno dallo stesso periodo anche l'onta della Villa Comunale ridotta a tappeto di erbacce, con la rovina di un patrimonio arboreo che un tempo faceva invidia al mondo. Dall'ex parco borbonico i cittadini preferiscono stare alla larga: tronchi tagliati e lasciati sul prato, cani di grossa taglia lasciati liberi dai padroni, la Casina del Boschetto distrutta e diventato ricovero di tossicodipendenti. Una cicatrice sul volto della città.

A Chiaia, più che altrove, manca un'idea complessiva di città. Abbiamo sempre guardato con ammirazione ai fermenti di cittadinanza attiva che agitano quel quartiere. Preoccupa, invece, il muro di gomma contro il quale le istanze di rinnovamento puntualmente si scontrano, mentre l'esperienza amministrativa sembra deviare sempre di più verso una dimensione puramente simbolica ed autocelebrativa. Anche il tempo delle denunce, come quello dei cantieri, sembra eterno. Speriamo almeno che le foto pubblicate sul Mattino diano la sveglia a tutti.
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