Reddito di cittadinanza, ecco la stretta anti-furbi: stop ai cambi di residenza

Reddito di cittadinanza, ecco la stretta anti-furbi: stop ai cambi di residenza
di Francesco Pacifico
Mercoledì 20 Febbraio 2019, 07:00 - Ultimo agg. 10:47
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La maggioranza ha poco più di un mese per approvare il reddito di cittadinanza. Ancora in prima lettura in Senato, il 30 marzo scade il decretone che regola il sussidio e l'anticipo pensionistico di Quota 100. Eppoi ci sono 12 decreti attuativi da scrivere e votare in consiglio dei ministri nei prossimi mesi oltre alle convenzioni da stringere subito con quei soggetti terzi (Inps, Caf, Anpal, Regioni, Comuni) che gestiranno in prima persona le erogazioni del sussidio o dovranno trovare le offerte per i disoccupati.
 
Le tensioni tra Lega e Cinquestelle stanno rallentando l'iter tanto che ieri a Palazzo Chigi - in un vertice tra il premier Giuseppe Conte, il suo vice Luigi Di Maio e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti - le parti hanno deciso di trasferire alla Camera alcuni passaggi più spinosi, pur di fare riprendere i lavori in commissione Lavoro di Palazzo Madama. Ma sono nodi sostanziali e riguardano le modifiche chieste dal Carroccio, che per i grillini sono inaccettabili: la stretta per chi ha debiti fiscali con gli enti locali (e che vanno scalati dall'assegno); gli aggravi amministrativi per gli immigrati che accedono al sussidio e che devono presentare anche le dichiarazioni patrimoniali dei beni detenuti nei Paesi di appartenenza; la partecipazione al servizio civile per chi, entro i 26 anni, vuole chiedere il reddito. Dopo le pressioni degli alleati il Carroccio ha fatto retromarcia sul divieto di cumulo degli incentivi per le aziende che assumono nel Mezzogiorno, mentre a Montecitorio potrebbe riproporsi la questione della durata del reddito: per i leghisti va rinnovato solo una volta.

L'intesa si è limitata a parti meno sensibili: nessuna estensione alle badanti straniere; più soldi (ma è ancora da decidere quanto) alle famiglie con disabili; escludere dai sussidi chi ha cambiato residenza ed è uscito dallo stato di famiglia dopo il 30 settembre; controlli più stringenti mettendo in campo anche la polizia municipale; alzare da 8 a 16 le ore di lavori sociali a favore dei Comuni.

La presidente della commissione Lavoro, Nunzia Catalfo, ha riconvocato ieri i senatori e imposto loro una serie di sedute notturne per tutta la settimana, pur di portare il testo in aula il 25 febbraio. Tempo necessario visto che da un lato ci sono da risolvere problemi tecnici (l'accesso all'assegno di collocamento o le sovrapposizioni tra pensione di cittadinanza e l'altra decina di assegni sociali) e che dall'altro sono piovuti sul provvedimento 1.600 emendamenti, dei quali 900 accantonati o definiti inammissibili dalla commissione Bilancio.

C'è chi in maggioranza teme un passaggio in aula con la fiducia, che acuirebbe le tensioni già esistenti, per arrivare a marzo alla Camera. Senza dimenticate che con le modifiche a Montecitorio è obbligatoria una terza lettura al Senato. Ma accanto all'iter parlamentare c'è da fare i conti con i vari pezzi del reddito ancora da costruire. È lontano l'accordo con le Regioni per le assunzioni dei 6mila navigator da parte di Anpal servizi e la ripartizione dei fondi per rilanciare i centri per l'impiego dopo l'annuncio della Toscana di voler ricorrere alla Consulta contro il decretone: i governatori dicono che il Titolo V della Costituzione dà loro pieni poteri sulle politiche attive. I Caf chiedono al governo 30 milioni di euro in più per calcolare gli Isee (necessari per definire il reddito patrimoniale) e inviare le domande di iscrizione all'Inps; l'istituto di previdenza vorrebbe che gli stessi Caf facessero più controlli preventivi; è di fatto ancora da definire il ruolo dei Comuni sui programmi di assistenza.

Molto corposo il capitolo dei regolamenti attuativi, dodici, per rendere pienamente operativo il reddito e Quota 10. Spaziano dalla creazione di un fondi di garanzia per finanziare con un prestito agevolato l'anticipo del Tfs agli statali, al sistema per monitorare le spese con la carta di cittadinanza, fino alla creazione delle piattaforme informatiche.

Al vertice di ieri, dove erano presenti anche il ministro Riccardo Fraccaro e i sottosegretari Laura Castelli, Claudio Durigon e Massimo Garavaglia, è stata annunciata la fumata bianca sugli emendamenti. L'intervento per rafforzare il sostegno ai disabili arriverà invece con il passaggio del decretone alla Camera.

Maggioranza e governo stanno infatti lavorando sulle risorse, visto che la proposta avanzata come emendamento al Senato, che amplia la platea ritoccando anche la scala di equivalenza, è molto costosa: 373 milioni il primo anno, 460 milioni il secondo e circa 600 a regime. Anche il solo intervento per aumentare di 0,1 la scala di equivalenza in presenza di componenti disabili del nucleo familiare costerebbe 80 milioni a punto. Per questo si starebbe ragionando sulla possibilità di porre un limite al «punteggio» in caso di componenti disabili.

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